letterina 20181118

Si può fare di più

Da alcuni anni la catechesi adulti ha preso la forma dei gruppi nelle case, del bibliodramma, dei percorsi Artefede, senza dimenticare gli appuntamenti con i genitori della catechesi e dei sacramenti. E’ sicuramente in atto un bel movimento con due aspetti importanti: la corresponsabilità di alcuni laici nella progettazione e nella proposta (cosa che fino ad alcuni anni fa sarebbe sembrata impossibile) e una maggior partecipazione a livello numerico.
Da alcune settimane abbiamo iniziato i sette gruppi nella case e quello nel salone a Burligo. Stanno partecipando più di settanta persone.
Ma, ed è il motivo di questo affondo, potremmo fare di più.
Penso a chi mette a disposizione la casa, a chi per ore prepara il materiale e le riflessioni, a chi perde le occasioni che ci portano in uno stile comunitario sempre meno “dipendente” dai preti, non solo per il calo che ormai anche a Bergamo si registra in modo palpabile, ma soprattutto per la consapevolezza di un protagonismo laicale. Allora ci vogliamo svegliare un po’ di più? Proprio oggi (venerdì) mentre scrivo, ho in mente le parole del Vangelo (Lc 17, 26-37) « Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio... Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano...»
Le parole di Gesù, così nette e temibili, non sono pronunciate per intimorirci con un capriccioso finale della storia senza alcuna misericordia. Sono invece un richiamo appassionato all'urgenza con cui la storia - piena di misericordia - ha bisogno di essere interpretata e vissuta. Mangiare, bere, prendere moglie e marito, comprare, vendere, piantare, costruire: sono i verbi con cui la vita umana, creata e amata da Dio, deve essere continuamente coniugata. Del resto, non è quello che ogni giorno facciamo anche noi? Erano “cattivi” gli uomini al tempo di Noè o di Lot perché facevano tutto questo? Lo siamo noi? No. Eppure c’è il grande rischio di esaurire in essi il nostro desiderio di vita e di vivere distratti. Ecco perché non sono - e non devono essere - l'unica narrazione di quello che siamo chiamati a essere e a vivere per entrare nello spazio della salvezza di Dio. Allora, diamo un po’ più di attenzione, partecipando, mettendoci in gioco, riconoscendo con gratitudine ciò che altri fanno anche per noi. Vi assicuro che non è scontato e non è neppure detto che sarà sempre così. Non dimentichiamo l’adagio di W. Churchill che altre volte ho ricordato:” E’ un peccato non fare niente, con la scusa che non possiamo fare tutto”.

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letterina 20181111

Asia Bibi

Dopo 3.420 giorni di carcere si chiude il lungo dramma di Asia Bibi, donna cattolica accusata di blasfemia: potrà finalmente tornare in libertà. Dalle ultime notizie è stata scarcerata.
Era il 14 giugno del 2009 quando nei dintorni del paesino di Ittanwali, nel distretto di Sheikpura nella provincia pachistana del Punjab, Asia, all’epoca trentottenne, stava raccogliendo delle bacche di falsa assieme ad altre braccianti. Le viene chiesto di andare a prendere l’acqua e in una calda giornata estiva lei osa bere da un bicchiere di latta trovato accanto al secchio. “Non puoi bere l’acqua dal nostro bicchiere, i cristiani sono impuri e non devono bere dagli utensili dei musulmani”, le gridano alcune donne musulmane che lavoravano con lei. Nasce un piccolo alterco, ma tutto finisce lì. Due donne musulmane però raccontano l’accaduto ad un imam locale, il quale cinque giorni dopo l’accaduto e senza aver assistito al fatto, presenta una denuncia per blasfemia a carico di Asia accusandola di aver offeso il Profeta Maometto, un reato che in Pakistan è punito con la pena di morte, in base all’articolo 295 comma C del codice penale pachistano, meglio noto – assieme al comma B dello stesso articolo – come legge antiblasfemia.
La donna è stata condannata a morte per impiccagione nel novembre 2010, sentenza confermata in appello il 16 ottobre 2014. Il caso giunge alla Corte Suprema nel luglio 2015, ma l’alta pressione dei fondamentalisti soprattutto sui giudici provoca diversi rinvii delle udienze, sovente per l’assenza di giudici disposti ad esprimere un verdetto sul caso. Fino all’8 ottobre scorso quando il presidente della Corte Suprema Mian Saqib Nisar, e i giudici Asif Saeed Khosa e Justice MazharAlam Khan Miankhel ascoltano finalmente il collegio difensivo, per ben 3 ore e mezza. La sentenza è stata resa nota soltanto più avanti per motivi di sicurezza.
Da allora i fondamentalisti hanno messo in atto manifestazioni e campagne attraverso i social, contro l’assoluzione della “maledetta” Asia, invocandone l’impiccagione e minacciando di morte i giudici e chiunque l’avesse difesa. I tweet e gli slogan offensivi non hanno risparmiato due figure eminenti che per aver difeso Asia sono state uccise nel 2011: il musulmano Salmaan Taseer, governatore del Punjab, e il cattolico Shahbaz Bhatti, ministro federale per le minoranze.
Tra i bambini musulmani gira addirittura un gioco dal titolo eloquente: Decapita Asia Bibi.
Quindi, se l’iter giudiziario è finito non lo è ciò che segue, per cui si teme per le sorti della donna, della famiglia e dei giudici. Sono numerosi in Pakistan i casi di persone assolte da accuse di blasfemia e poi uccise una volta liberate.
«Dubito che potremo rimanere in questo Paese», ha dichiarato infatti il marito di Asia. In questi anni la famiglia ha dovuto rimanere nascosta per paura di ritorsioni. Si temono inoltre possibili violenze anticristiane in tutto il Paese, come quelle avvenute a Gojra nel 2009 e a Joseph Colony, quartiere cristiano di Lahore, nel 2013. Gli estremisti potrebbero sfogare rabbia e frustrazione sull’intera comunità cristiana e per questo le autorità pachistane hanno intensificato la sicurezza in tutto il Paese, soprattutto nelle aree dove vivono i cristiani e le altre minoranze.

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letterina 20181104

Il "rumore" dei giovani

È calato il sipario sul Sinodo dei Giovani: venticinque giorni di lavoro in Vaticano per 240 vescovi di tutto il mondo e 32 “uditori”, giovani ed esperti del settore. Un incontro intenso e vivace dove i giovani hanno “fatto rumore” sollecitati in questo dallo stesso papa - e hanno contagiato i vescovi con il loro entusiasmo - Ora la responsabilità di continuare torna alle diocesi, alle parrocchie, agli oratori: “Quello che è accaduto in Vaticano per 25 giorni – sottolinea don Emanuele Poletti, direttore dell’ufficio per la pastorale dell’età evolutiva (Upee) – dovrebbe continuare ad accadere qui, per portare a scelte concrete che siano utili e opportune per la nostra realtà, facendo ciò che è sostenibile per noi. Il documento finale offre un bello sguardo sulla realtà complessiva. Dall’altra parte indica che bisogna mettersi all’opera là dove si è”. Il Sinodo è iniziato nelle diocesi e con andamento circolare, alla fine ci torna.
Un cammino condiviso, adulti e giovani insieme, vescovi e laici, con pari dignità: è stata questa l’impressione delle persone che hanno partecipato all’assemblea.
“È stato interessante – sottolinea don Emanuele – il processo con cui il Sinodo è accaduto. Molti testimoni diretti mi hanno riferito di aver apprezzato il modo in cui è stato condotto: ognuno aveva diritto di parola, e ciò che dicevano veniva sempre preso in considerazione. Una prima indicazione arrivata alla fine – e ovviamente ce l’aspettavamo - è che la strada da percorrere nella pastorale giovanile è lunga e deve proseguire nei territori”.
Il documento finale, in attesa delle conclusioni di Papa Francesco, offre già alcune linee operative: “Dobbiamo continuare a costruire piccoli processi creando legami tra le generazioni, le responsabilità e i carismi, che in un modo o nell’altro si interfacciano con i mondi giovanili. Bisogna che gli adulti, ciascuno secondo la propria vocazione, si siedano intorno ad un tavolo e provino a interrogarsi e a lasciarsi provocare dai giovani”.
Particolare attenzione è stata data al tema della formazione, alla necessità di trovare spazi dove i giovani possano emergere e al loro protagonismo. E poi che posto occupa la fede nella vita dei giovani di oggi? “Il Sinodo – conclude don Emanuele – si è posto il problema, anche se non ha individuato soluzioni, ma rilanciando la necessità di ascolto, accompagnamento, contaminazione tra mondi diversi”, proprio come nelle frasi finali della Lettera dei padri sinodali ai giovani di tutto il mondo: “La Chiesa e il mondo hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita. Siete il presente, siate il futuro più luminoso”.

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letterina 20181028

Gruppi nelle case

 

 

Riprendiamo i gruppi nelle case, come dal prospetto, da qui a Natale. Poi, nel prossimo anno, vivremo i gruppi nella Casa, la Casa di Comunità. Nelle precedenti edizioni si son mosse ogni anno un centinaio di persone: bello. Ma possiamo fare molto di più. Crediamoci! Grazie già da ora a tutti quelli che parteciperanno, alle famiglie che aprono la loro casa e agli animatori. Ore 20.30.

 

 

CASA OSPITANTE

Indirizzo

Telefono

Animatori gruppo

Giorno

Ora

Via

N° civico

Fam. Pellicioli

Brocchione

14

035-19833631

Antonio -  Ivana

Martedì: 13-20-27 nov. 4-11 dicembre

20.30

Fam. Previtali

Fam. Scalise

Campinette

   27

349 6944593

Lucia -      Francesca

Lunedì: 29 ottobre

5-12-19-26 nov.

20.30

Fam. Agazzi

Longoni

71

035-548160

Luigi -                      Patrizia

Martedì: 30 ottobre

13-27 nov.  11 dic.

20.30

Mazzoleni                      Virginia e Giacomina

Tezzolo

7

035-550242

Giovani e don

Lunedì: 12-19-26 nov. 3 dicembre

20.30

Fam. Vanoncini

Carosso

48

035-551129

Ileana-

Marialuisa

Venerdì: 9-16-23-30 novembre. 7 dic

20.30

Benedetti-Rota Giselda

Ca’

Quarengo

49

035-550077

Franco -  Marilisa

Martedì: 13-20-27 nov. 4-11 dicembre

20.30

Fam. Rota

Longoni

112

335 5379996

Ivan -

Riccardo

Lunedì: 12-19-26 nov. 3-10 dicembre

20.30

Salone Burligo

Burligo

17

3471133405

Sacerdoti

Martedì: 30 ott.        13-27 nov. 4 dic.

20.30

 

 

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letterina 20181021

Fede è relazione

Don Michele Falabretti, prete bergamasco, guida il Servizio nazionale della pastorale giovanile dei Vescovi italiani ed è nel pieno dei lavori del Sinodo dei giovani.

“È interessante vedere – spiega – che ci sono movimenti e scambi di ricerca... La visione di una Chiesa in ascolto dei giovani e di una Chiesa maestra dei giovani non sono assolutamente in antitesi.
L’esperienza di ciascuno di noi ci dice che abbiamo apprezzato gli educatori che ci hanno ascoltato e ci hanno capiti. E da loro noi abbiamo appreso di più”.
“Credo che questa dimensione sia sempre esistita. Tanto più la Chiesa riesce a far emergere questa sua effettiva disponibilità nella pratica quotidiana di ascolto e attenzione per la vita dei giovani, tanto più la sua credibilità sarà forte. Forse – aggiunge – noi abbiamo immaginato che per spiegare tutto ciò che riguarda la nostra Fede, tutti i contenuti della nostra religione, avessimo bisogno di tanti libri e di tante parole. In realtà, i giovani che si sentono accolti e ascoltati riescono ad arrivare laddove li si vorrebbe portare, in termini di annuncio, con poche parole. Se infatti io mi dispongo all’ascolto, allora l’accompagnamento si trasforma in un’invocazione da parte dei giovani che accompagno. Sono loro a chiedermi di essere accompagnati. E allo stesso tempo sono loro che ci accompagnano perché ci portano il loro sentire: sono come le antenne, capaci di captare anche i segnali più difficili della cultura del nostro tempo”.
“Tutto ciò – precisa don Falabretti – ci aiuta a non chiuderci dentro il concetto della dottrina, dietro l’idea di una fede che si risolve solo nelle verità immutabili che vanno solo spiegate. E ci aiuta ad entrare in un concetto di fede che è relazione che si gioca nell’incontro tra le persone, come in effetti è stato il Vangelo di Gesù. Il Sinodo è davvero un cammino di conversione”, conclude don Falabretti “e spero davvero che diventi respiro di una Chiesa che insieme ai giovani continua a voler abitare questo tempo: non maledicendolo, ma considerando quello spazio tempo di grazia che ci viene offerto per vivere la cosa più bella che abbiamo: la vita e la fede nel Vangelo di Gesù”.

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letterina 20181014

Imbrattatore di muri

Il muro della Parrocchia di san Michele Arcangelo e santa Rita, a Milano, è stato imbrattato alcune settimane fa con una scritta offensiva: “Aborto libero (anche per Maria)”.
Il parroco ha deciso di scrivere su Facebook una lettera aperta all’anonimo “imbrattatore”, lettera che è stata virale e ha fatto il giro della rete. Sicuramente molti l’han vista, ma la riportiamo anche per chi non è social. Eccola:

«Caro scrittore anonimo di muri, Mi dispiace che tu non abbia saputo prendere esempio da tua madre. Lei ha avuto coraggio. ti ha concepito, ha portato avanti la gravidanza e ti ha partorito. Poteva abortirti. Ma non l’ha fatto. Ti ha allevato, ti ha nutrito, ti ha lavato e ti ha vestito. E ora hai una vita e una libertà. Una libertà che stai usando per dirci che sarebbe meglio che anche persone come te non ci dovrebbero essere a questo mondo. Mi dispiace ma non sono d’accordo. E ammiro molto tua mamma perché lei è stata coraggiosa. E lo è tutt’ora, perché, come ogni mamma, è orgogliosa di te, anche se ti comporti male, perché sa che dentro di te c’è del buono che deve solo riuscire a venire fuori. L’aborto è il “non senso” di ogni cosa. È la morte che vince contro la vita. È la paura che vince su un cuore che invece vuole combattere e vivere, non morire. È scegliere chi ha diritto di vivere e chi no, come se fosse un diritto semplice. É un’ideologia che vince su un’umanità a cui si vuole togliere la speranza. Ogni speranza. Io ammiro tutte quelle donne che pur tra mille difficoltà hanno il coraggio di andare avanti. Tu evidentemente di coraggio non ne hai. Visto che sei anonimo. E già che ci siamo vorrei anche dirti che il nostro quartiere è già provato tanti problemi e non abbiamo bisogno di gente che imbratta i muri e che rovina il poco di bello che ci è rimasto. Vuoi dimostrare di essere coraggioso? Migliora il mondo invece di distruggerlo. Ama invece di odiare. Aiuta chi è nella sofferenza a sopportare le sue pene. E dai la vita, invece di toglierla! Questi sono i veri coraggiosi! Per fortuna il nostro quartiere, che tu distruggi, è pieno di gente coraggiosa! Che sa amare anche te, che non sai neanche quello che scrivi!

Io mi firmo: don Andrea»

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