letterina 20140222

Te la do io la paghetta

In Italia un minore su quattro, tra i 6 e i 17 anni, riceve regolarmente dai genitori una paghetta settimanale, che in media si aggira intorno ai 16 euro.
Il tema è l'occasione per riflettere su un uso consapevole del denaro che si impara in famiglia. Sulla paghetta e sul regalare del denaro ai più piccoli di casa esistono almeno due scuole di pensiero. Ci sono genitori d'accordo sulla paghetta in quanto ritengono che, offrendo ai ragazzi la possibilità di gestire un piccolo budget, li si allena all'uso consapevole del denaro. E ce ne sono altri che pensano invece sia meglio dare soldi ai figli solo quando servono, quando essi stessi esprimono chiaramente un bisogno: tali genitori non vogliono collegare la paghetta a un preciso compito da svolgere in casa, perché così facendo pensano di non riuscire a trasmettere il valore della gratuità all'interno della famiglia.
«Non si può dire che ci sia in assoluto un modo di pensare e di fare migliore dell'altro, in quanto anche l'educazione al denaro dipende dalle regole e dall'esempio che si danno in famiglia  - spiega Giovanna Boggio Robutti, responsabile Programmi di educazione finanziaria del Consorzio Patti Chiari, che riunisce sessantadue banche e che promuove e realizza progetti di educazione economica in tutta Italia  -. Dal nostro punto di vista, è importante aiutare i bambini a comprendere il ciclo del denaro e del guadagno: questo significa, per esempio, educare i piccoli al fatto che, a fronte di un lavoretto che si fa a casa, si può ricevere un piccolo compenso; che, con la paghetta che si riceve, si può iniziare a risparmiare; che il risparmio può essere speso con modalità ben definite con i genitori».
Educare all'uso dei soldi, anche attraverso la paghetta, significa inoltre dare attenzione al fatto che il denaro è uno strumento importante per il benessere individuale e del Paese, uno strumento che bisogna conoscere.
«Con i nostri progetti educativi, che nell'anno scolastico 2012/2013 hanno raggiunto direttamente 40 mila tra ragazze e ragazzi - prosegue Boggio Robutti -cerchiamo di far capire ai giovani che il denaro si guadagna con il duro lavoro e che bisogna avere un po' di rispetto nello spenderlo. Non ci sono scorciatoie per guadagnarlo in modo veloce, privo di rischi e legale».

Agnese Fideli

 

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CARNEVALE

 

Lettera a Smirne

Incontri UP Quaresima

Incontri Vicariali per Giovani

     
     

letterina 20140215

Sarebbe bello

Cari ragazzi e ragazze di Belsito,
ho saputo che in questi giorni a scuola dovrete decidere per l’ora di religione del prossimo anno e questo mi ha fatto venir voglia di scrivervi...
Vi offro il parere mio e ve ne darò anche le ragioni. Il mio parere è semplice.
Per me dovreste senz’altro iscrivervi all’ora di religione. Voi direte: «Per forza! Sei un prete! Tu vorresti tutti a catechismo!». Non è così. L’ora di religione non è un’ora di catechesi. Questo dev’essere chiaro sia per voi sia per gli insegnanti. La catechesi ha per scopo la crescita nella fede ed è per i credenti.
La sua sede è l’oratorio, la parrocchia.
L’ora di religione è un’ora di scuola come le altre, da portare avanti con metodi e criteri scolastici e con un unico scopo che è quello di vincere l’ignoranza.
L’ignoranza, ragazzi, lo sapete, non fa male alla pancia, ma è indecorosa. Un ignorante è proprio solo un ignorante. Dal non sapere possono venire solo gaffes vergognose, inconvenienti anche rischiosi e guai grossi.
L’ora di religione serve a darsi le coordinate necessarie per conoscere e interpretare correttamente la nostra cultura, che, piaccia o no, da duemila anni è tutta intrisa di religione e di religione cattolica. Il conoscere anche solo l’abicì della religione cattolica è indispensabile per capire tanto della nostra storia, moltissimo della nostra letteratura (pensate anche solo alla Divina Commedia), della nostra arte, del nostro lessico, della nostra toponomastica, delle nostre usanze…
In questo senso, il partecipare all’ora di religione sarebbe importante anche per gli immigrati: li aiuterebbe a ben situarsi nel nostro paese, perché lo conoscerebbero di più e meglio. Per me, ragazzi, perfino agli agnostici e agli stessi nemici della Chiesa conviene informarsi sull’impatto tra la religione cattolica e la nostra cultura... Ecco: quando avrete sentito tutte le campane, pensateci su bene, senza fretta, e poi, in base all’idea consapevole che vi sarete fatta, decidete. Sarà senz’altro una decisione secondo coscienza. Ho finito. Ciao a tutti.
E buon anno.

da: Diario di un prete, Sant’Alessandro settimanale online

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Incontri Vicariali per Giovani

 
     
     

letterina 20140208

Sarebbe bello

Nel coro della nostra chiesa parrocchiale ci stanno almeno cinquantaquattro (leggasi 54) persone: chi sugli scranni dell’anello più alto, con schienale in radica e braccioli artistici scolpiti, chi nel secondo anello solo con schienale, chi sulle semplici panche ricurve dell’ultimo anello. Insistendo, anche più di 54.
Questo coro in noce dell’800 è stato recuperato con un lavoro di pulitura e di sistemazione con l’intento di utilizzarlo come luogo per l’approfondimento catechistico delle lettere dell’Apocalisse, come da alcuni mesi stiamo facendo.
Che bello se tutti i posti fossero occupati!
Certo, unendo i partecipanti ai due incontri previsti nei giovedì dell’Apocalisse (quello delle 15.30 nelle frazioni e quello delle 20.30 in chiesa parrocchiale) come numero ci siamo. Qualcuno poi mi dice che in Parrocchie più grandi non si arriva a questo numero di partecipanti alla catechesi per adulti e quindi di stare sereno. Però non posso pensare solo a quelli che ci sono, ma anche ai tanti che non ci sono e che, forse, hanno di Gesù la conoscenza dell’asilo (che pure nei tempi ha cambiato nome: Scuola Materna e, ora, Scuola dell’Infanzia).
Mi domando: un papà, una mamma che portano i figli alla catechesi, che stanno pensando alla festa della prima Comunione o della Cresima... non si chiedono come conoscere un po’ più quel Signore che si fa incontro ai figli? Si fanno aggiornamenti, allenamenti, recuperi... per il lavoro, lo sport, lo studio... e per il Signore?
Un giovane, una persona che arriva alla prima “anta”, un uomo che entra nell’età matura... si pone gli interrogativi sulla vita, legge la Parola, conosce il Vangelo? Vale sempre ciò che scriveva San Girolamo: ”L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”.
Sarebbe bello camminare con una Comunità che ha fame di Lui, anche attraverso un percorso di catechesi, l’approfondimento del Vangelo, l’incontro tra persone... Sarebbe bello.

 

 

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Merenda Anziani

Lettera Chiesa di Pergamo

Pizzata Ado

Animazione

 

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letterina 20140201

"Generare futuro"

“I figli sono la pupilla dei nostri occhi… Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei nostri occhi? Come potremo andare avanti?” Così Papa Francesco all’apertura della Giornata Mondiale della Gioventù ha illuminato ed esortato tutti alla custodia della vita, ricordando che generare ha in sé il germe del futuro.
Il figlio si protende verso il domani fin dal grembo materno, accompagnato dalla scelta provvida e consapevole di un uomo e di una donna che si fanno collaboratori del Creatore. La nascita spalanca l’orizzonte verso passi ulteriori che disegneranno il suo futuro, quello dei suoi genitori e della società che lo circonda, nella quale egli è chiamato ad offrire un contributo originale.
Questo percorso mette in evidenza “il nesso stretto tra educare e generare: la relazione educativa si innesta nell’atto generativo e nell’esperienza dell’essere figli”, nella consapevolezza che “il bambino impara a vivere guardando ai genitori e agli adulti”. Ogni figlio è volto del “Signore amante della vita” (Sap 11,26), dono per la famiglia e per la società. Generare la vita è generare il futuro anche e soprattutto oggi, nel tempo della crisi; da essa si può uscire mettendo i genitori nella condizione di realizzare le loro scelte e i loro progetti.
La testimonianza di giovani sposi e i dati che emergono da inchieste recentiindicano ancora un grande desiderio di generare, che resta mortificato per la carenza di adeguate politiche familiari, per la pressione fiscale e una cultura diffidente verso la vita.
Favorire questa aspirazione (valutata nella percentuale di 2,2 figli per donna sull’attuale 1,3 di tasso di natalità) porterebbe a invertire la tendenza negativa della natalità, e soprattutto ad arricchirci del contributo unico dei figli, autentico bene sociale oltre che segno fecondo dell’amore sponsale.
La società tutta è chiamata a interrogarsi e a decidere quale modello di civiltà e quale cultura intende promuovere, a cominciare da quella palestra decisiva per le nuove generazioni che è la scuola. Per porre i mattoni del futuro siamo sollecitati ad andare verso le periferie esistenziali della società, sostenendo donne, uomini e comunità che si impegnino, come afferma Papa Francesco, per un’autentica “cultura dell’incontro”. 

Dal Messaggio C.E.I. per la 36a Giornata per la vita

 

 

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Merenda Anziani

 

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letterina 20140125

Lo ha fatto il Papa

Papa Francesco, nella festa del Battesimo di Gesù, ha battezzato nella Cappella Sistina, la figlia di una coppia sposata solo civilmente. Dopo il battesimo da diverse parti, si è commentato e discusso. Nella trasmissione “Prima di tutto” di qualche giorno fa, è stata citata la testimonianza di un prete, «un prete di campagna», come si definiva l’interessato, il quale faceva notare che il Papa non ha fatto nulla di speciale e aggiungeva: «noi lo facciamo da sempre». Nel dibattito che ne seguiva, qualcuno contestava la contestazione. Nel senso che, si osservava, non è vero che lo fanno tutti i preti e non è vero che lo fanno da sempre. Sembra un semplice caso di disciplina ecclesiastica. Ma non è così semplice. Intanto, molti non fanno battezzare i loro figli, alcuni anche che si sono sposati regolarmente in chiesa. E molti di quelli che fanno battezzare i loro figli sono in situazione familiare “irregolare”: conviventi, risposati, sposati civilmente. La linea “dura” che, pare, qualche prete segue ancora, afferma una verità semplice: la fede deve tradursi nella vita e la traduzione nella vita si verifica con i gesti espliciti della fede. Chi segue questa linea dice di fatto che un cristiano convivente è un po’ meno cristiano di uno che si è sposato in chiesa. Il gesto di Papa Francesco mi sembra che sia una implicita risposta a questa posizione. E mi sembra che quanto avvenuto domenica (e che avviene in molte parrocchie: altrimenti, tra poco, non si dovrebbe battezzare più nessuno) sia a sua volta una risposta.

Primo. Il diritto del bambino ad avere il battesimo è più grande dei meriti o demeriti dei suoi genitori. Il figlio, oltretutto, non è proprietà privata dei genitori, e questi non possono fare di lui quello che vogliono, ma dovrebbero volere ciò che devono. E se sono credenti devono volere il suo bene spirituale, cioè il suo battesimo.

Secondo. Anche verso i  genitori, i loro eventuali sbagli, nessuno può dare un giudizio definitivo. Nella coscienza di una persona ci entra, in maniera risolutiva, solo Dio e nessun altro, neanche il Papa. La Chiesa prende atto che quei due genitori intendono educare alla fede il loro bambino e concede, deve concedere, il battesimo. Anche perché adesso si ha in mano l’argomento che taglia la testa al toro: lo ha fatto il Papa.
A meno che – dubbio atroce – qualcuno non abbia notizia di gente che, qua e là nella Chiesa, pretende di essere più cattolica del Papa.

Da: santalessandro.org  Alberto Carrara 

 

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Materiale scaricabile su Don Bosco:

- Don Bosco

- Il metodo Preventivo

- Scheda Vita-Parole

- Preghiera

Banco Primule e Torte

 

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letterina 20140118

"Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore"

E' il tema scelto da Papa Francesco per la 100 giornata delle migrazioni. Nel messaggio ribadisce che «Le nostre società stanno sperimentando, come mai è avvenuto prima nella storia, processi di mutua interdipendenza e interazione a livello globale, che, se comprendono anche elementi problematici o negativi, hanno l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della famiglia umana, non solo negli aspetti economici, ma anche in quelli politici e culturali. Ogni persona, del resto, appartiene all’umanità e condivide la speranza di un futuro migliore con l’intera famiglia dei popoli».
«Il crescente fenomeno della mobilità umana», dice il Papa «emerge come un “segno dei tempi”... Se da una parte, infatti, le migrazioni denunciano spesso carenze e lacune degli Stati e della Comunità internazionale, dall’altra rivelano anche l’aspirazione dell’umanità a vivere l’unità nel rispetto delle differenze, l’accoglienza e l’ospitalità che permettano l’equa condivisione dei beni della terra, la tutela e la promozione della dignità e della centralità di ogni essere umano». «Migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità. Si tratta di bambini, donne e uomini che abbandonano o sono costretti ad abbandonare le loro case per varie ragioni, che condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di avere, ma soprattutto di essere di più. È impressionante il numero di persone che migra da un continente all’altro, così come di coloro che si spostano all’interno dei propri Paesi e delle proprie aree geografiche.
I flussi migratori contemporanei costituiscono il più vasto movimento di persone, se non di popoli, di tutti i tempi. In cammino con migranti e rifugiati, la Chiesa si impegna a comprendere le cause che sono alle origini delle migrazioni, ma anche a lavorare per superare gli effetti negativi e a valorizzare le ricadute positive sulle comunità di origine, di transito e di destinazione dei movimenti migratori.»

 

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Lettera alle sette chiese

Incontro Chierichetti

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