L'affondo
Lettera ai cercatori di Dio
Iniziamo a leggere alcuni passaggi della lettera inviata dai Vescovi Italiani
I LE DOMANDE CHE CI UNISCONO
1c. Quale felicità?
Facciamo fatica ad accettare la scuola della sofferenza per scoprire che cosa sia la vita e la felicità. Nonostante tutte le nostre riflessioni e le nostre proteste, infatti, la debolezza, il dolore, la morte rimangono un mistero. La cultura moderna, non sapendo dare una risposta a queste sfide, cerca di nasconderle con l’ebbrezza del consumismo, del piacere, del divertimento, del non pensarci. In tal modo, però, si nega il significato profondo della debolezza e della vulnerabilità umane e se ne ignora sia il peso di sofferenza, sia il valore e la dignità: e questo rende interiormente aridi e induce a vivere in modo superficiale.
L’esperienza della fragilità, del limite, della malattia e della morte può insegnarci alcune cose fondamentali. La prima è che non siamo eterni: non siamo in questo mondo per rimanerci per sempre; siamo pellegrini, di passaggio. La seconda è che non siamo onnipotenti: nonostante i progressi della scienza e della tecnica, la nostra vita non dipende solo da noi, la nostra fragilità è segno evidente del limite umano. Infine, l’esperienza della fragilità ci insegna che i beni più importanti sono la vita e l’amore: la malattia, ad esempio, ci costringe a mettere nel giusto ordine le cose che contano davvero.
La fragilità è una grande sfida anche per la fede nel Dio di Gesù Cristo.
Il Signore ci ha creati per la vita, per la felicità. Perché, allora, permette il dolore, l’invecchiamento, la morte? Quante domande di fronte a un dolore o a un lutto che fa sanguinare il cuore! Si può perfino dire che la sofferenza e la morte sono la più grossa sfida contro Dio. C’è chi si è dichiarato “ateo” per amore di Dio, per giustificare la sua assenza e il suo silenzio davanti al dolore innocente.
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