Don Giuseppe : Sì! E proprio in continuità con quella idea abbiamo vissuto la Quaresima “volgendo lo sguardo” alla croce, appesa sopra la mensa, nel centro del presbiterio come già in molte basiliche antiche. Abbiamo scelto una riproduzione del crocefisso di Cimabue, custodito nella chiesa di S.Domenico ad Arezzo, dipinto a regola d’arte secondo le tecniche delle icone. Per una via crucis dei venerdì di Quaresima siamo partiti con la lettura dell’opera.
S:Ma ora, guardandola, qualcosa è cambiato.
Don: Per la Veglia pasquale, sotto la croce che abbiamo pensato di lasciare, velandola con un tessuto chiaro, è sospeso un uovo dorato.
S: Una concessione alla Pasqua commerciale?
D: Non nelle intenzioni, se pensiamo non solo alla simbologia, ma alla verità stessa di questo elemento come portatore di vita. Che poi il commercio si sia impadronito di questo elemento è un altro paio di maniche. E’ sempre bello nella benedizione delle uova vedere la fantasia e la creatività di bambini e ragazzi che portano nei cesti ciò che hanno preparato con cura nel laboratorio del giovedì santo.
S : Un laboratorio di uova?
D: Sì, nel pomeriggio del giovedì santo un gruppo di mamme ha accolto bambini e ragazzi per la decorazione delle uova, segno di una preparazione più allargata che ha interessato i giorni della Quaresima.
S: Ma torniamo a quello più grande, in chiesa.
D: D’accordo. Cosa non nuova comunque, se pensiamo a diversi quadri nei quali, al centro della composizione si vede un uovo. Basti ricordare la Madonna con bambino di Piero della Francesca alla Brera, dove l’uovo di struzzo che emerge da una grande conchiglia sullo sfondo, fa riferimento sia alla immacolata concezione di Maria che al casato per cui l’artista ha dipinto .Il riferimento immediato per noi è stato quello alla Pasqua poichè l’uovo, messo in quella posizione, sembra quasi l’origine dell’uomo della croce, che si intravede sotto i veli, appena sopra.
S: Insomma, sepolcro e risurrezione.
D : Precisamente. Ma non è tutto. Nella Veglia pasquale ho invitato a guardare quell’uovo dorato come una goccia di sangue, colata dalla croce, quasi che l’oro che circonda la croce si sia condensato lì sotto, passione di un Dio che non ha amato per finta. San Tommaso in un celebre inno scriveva:”Basta una goccia a rendere salvo, il mondo intero da ogni delitto”. Le ferite restano, perché l’amore ha scritto la sua storia nella carne del Nazareno, ma sono ferite luminose da cui non esce più sangue ma luce. Queste ferite non sfigurano ma trasfigurano e diventano feritoie attraverso cui scorgere la vita. “
S: Io c’ero alla Veglia e mi pare di ricordare che avevi anche parlato di lacrime.
D: quest’ uovo non è anche una lacrima? Eccola lì, dorata essa pure, come tante lacrime che dicono la preziosità di un amore, di una persona, di una situazione. Come la lacrima di un Dio che piange.Ma allora, quest’uovo è anche il chicco dorato di grano che cade nella terra, muore e porta molto frutto. Sì, noi viviamo di quella abbondanza.
S: Natale con la culla sospesa, Pasqua con la croce e l’uovo appesi. Per Pentecoste il discorso continua?
D: non poniamo limiti alla ricchezza dei santi segni. E al soffio dello Spirito.
(Articolo pubblicato su L’Eco di Bergamo martedì 21 aprile)
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