letterina 20090503

L'affondo

 

M di Maria     

"La portò a casa sua". Sapete cosa significa?
La introdusse nel cerchio dei suoi interessi, nel cerchio dei suoi affetti, nel cerchio delle persone più care e più belle che lui potesse avere. La introdusse quindi all’interno dell’esperienza religiosa e umana più profonda.
Quindi, la Madonna,che diviene la madre di Giovanni, il quale simbolizza tutta la chiesa, diventa anche la mamma nostra. Noi la possiamo chiamare "mamma" senza paura. Anzi, dobbiamo considerarla così.
Io talvolta mi preoccupo perché nei confronti della Madonna abbiamo un rapporto di grande rispetto. Difficilmente riusciamo a toglierle di capo il diadema delle dodici stelle per vedere quanto è bella a capo scoperto. A capo nudo la Madonna è stupenda ugualmente.
Ecco perché  io credo non ci possa essere conclusione più bella che prendere questa decisione: di accogliere  la Madonna all’interno dei vostri  affari.  Fatela  diventare  socia  della  vostra  "Ditta".  Tu metti "Ditta Domenico  e Maria". E’  un  fatto  a  cui non pensiamo molto.
Introducetela  nei  vostri  affari,  nei  vostri  disegni.  Introducetela  nei vostri pensieri. Fatela diventare non solo coinquilina di casa ma anche la persona a cui confidate per prima i vostri progetti.

E la Madonna vi introduca nei suoi affari.
+ Tonino Bello


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letterina 20090426

L'affondo

Basta una goccia...

 

Stefano: Eravamo restati alla culla sospesa alla grande cupola con la statua di Gesù Bambino dalla quale, alzando lo sguardo, ci si incrociava con l’uomo della croce, appeso.

Don Giuseppe : Sì! E proprio in continuità con quella idea abbiamo vissuto la Quaresima “volgendo lo sguardo”  alla croce, appesa sopra la mensa, nel centro del presbiterio come già in molte basiliche antiche. Abbiamo scelto una riproduzione del crocefisso di Cimabue, custodito nella chiesa di S.Domenico ad Arezzo, dipinto a regola d’arte  secondo le tecniche delle icone. Per una via crucis dei venerdì di Quaresima siamo partiti con la lettura dell’opera.

 

S:Ma ora, guardandola, qualcosa è cambiato.

Don: Per la Veglia pasquale, sotto la croce che abbiamo pensato di lasciare, velandola con un tessuto chiaro, è sospeso un uovo dorato.

 

S: Una concessione alla Pasqua commerciale?

D: Non nelle intenzioni, se pensiamo non solo alla simbologia, ma alla verità  stessa di questo elemento come portatore di vita. Che poi il commercio si sia impadronito di questo elemento è un altro paio di maniche. E’ sempre bello nella benedizione delle uova vedere la fantasia e la creatività di bambini e ragazzi che portano nei cesti ciò che hanno preparato con cura nel laboratorio del giovedì santo.

 

S : Un laboratorio di uova?

 D: Sì, nel pomeriggio del giovedì santo un gruppo di mamme ha accolto bambini e ragazzi per la decorazione delle uova, segno di una preparazione più allargata che ha interessato i giorni della Quaresima.   

 

S: Ma torniamo a quello più grande, in chiesa.

D: D’accordo. Cosa non nuova comunque, se pensiamo a diversi quadri nei quali, al centro della composizione si vede un uovo. Basti ricordare la Madonna con bambino di Piero della Francesca alla Brera, dove l’uovo di struzzo che emerge da una grande conchiglia sullo sfondo, fa riferimento sia alla immacolata concezione di Maria che al casato per cui l’artista ha dipinto .Il riferimento immediato per noi è stato quello alla Pasqua poichè l’uovo, messo in quella posizione, sembra quasi l’origine dell’uomo della croce, che si intravede sotto i veli, appena sopra.

 

S: Insomma, sepolcro e risurrezione.

D : Precisamente. Ma non è tutto. Nella Veglia pasquale ho invitato a guardare quell’uovo dorato come una goccia di sangue, colata dalla croce, quasi che l’oro che circonda la croce si sia  condensato lì sotto, passione di un Dio che non ha amato per finta. San Tommaso in un celebre inno scriveva:”Basta una goccia a rendere salvo, il mondo intero da ogni delitto”. Le ferite restano, perché l’amore ha scritto la sua storia nella carne del Nazareno, ma sono ferite luminose da cui non esce più sangue ma luce. Queste ferite non sfigurano ma trasfigurano e diventano feritoie attraverso cui scorgere la vita. “ 

 

S: Io c’ero alla Veglia e mi pare di  ricordare che avevi anche parlato di lacrime. 

 D: quest’ uovo non è anche una lacrima? Eccola lì, dorata essa pure, come tante lacrime che dicono la preziosità di un amore, di una persona, di una situazione. Come la lacrima di un Dio che piange.Ma allora, quest’uovo è anche il chicco dorato di grano che cade nella terra, muore e porta molto frutto. Sì, noi viviamo di quella abbondanza.

  

S: Natale con la culla sospesa, Pasqua con la croce e l’uovo appesi. Per Pentecoste il discorso continua?

D: non poniamo limiti alla ricchezza dei santi segni. E al soffio dello Spirito.

 

(Articolo pubblicato su L’Eco di Bergamo martedì 21 aprile)

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letterina 20090419

L'affondo

Pulizie di Primavera

 

 

 

La Pasqua è preceduta dalle pulizie di primavera. Le pulizie in una casa sono organizzate tutto l’anno,ma in primavera hanno un carattere particolare. In coincidenza con l’aria nuova, le giornate più trasparenti,il pulsare della vita dentro la natura,esse esprimono un desiderio di rinnovamento totale, una segreta volontà di rinascita e di ripresa. Si aprono gli armadi, si scuotono i tappeti,si “tirano” i pavimenti, ed è come confessare che si vorrebbe purificare anche i pensieri, gli affetti, le speranze, le motivazioni abituali del vivere.
Vengono alla mente i versi che il coro recita in Assassinio nella Cattedrale di Eliot:
Il mondo è tutto sozzo.
Chiarite l’aria!
Pulite il cielo!
Lavate il vento!
Separate pietra da terra,
separate la pelle dal braccio,
separate il mondo dall’osso,
e lavateli.
Lavate la pietra,
lavate l’osso.
lavate il cervello,
lavate l’anima,
lavateli, lavateli !
Tutto è da lavare - così sembra - anche nel mondo d’oggi; tutto da purificare. Da dove cominciare a fare pulizia? Dalla politica come da più parti si invoca? E perché non incominciare da dentro le coscienze, ciascuno impegnandosi a spazzar via paure e tristezze, inerzie e compromissioni?
Non c’è che da assecondare l’aria nuova che si respira a Pasqua, quell’aria che circola nelle pagine ultime dei Vangeli. C’è aria nuova nel sepolcro di Lazzaro. C’è aria nuova nel sepolcro di Gesù.
Aria nuova anche nel cenacolo, una volta che le porte si sono spalancate. C’è un vento che soffia nella sala della Pentecoste e solleva tutto ciò che si è sedimentato sotto il peso della stanchezza, dell’abitudine, della rassegnazione. Entrerà quest’aria, come vento di primavera, anche negli spazi della nostra interiorità a portare, attraverso il sacramento del perdono, la freschezza di una vita risorta e l’animazione gioiosa della speranza che vince ogni delusione?

Luigi Pozzoli: Vedo un ramo di mandorlo

 

 

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letterina 20090412

L'affondo

Noi siamo il profumo di Cristo

La vita passa per il naso, i profumi sono la via per conoscere la vita fuori di noi. E’ difficile dimenticare il profumo legato ai ricordi, ai fatti, alle storie che ci riguardano. Il dolore di una morte è stampato nel cuore per sempre, la fragranza di una nascita è poesia per la mente che trascina con sé la bellezza del suo primo odore.
Spesso ci ricordiamo momenti importanti della nostra vita per le essenze che ci hanno accompagnato o per il tanfo che ci ha oppresso. Gli odori fanno famiglia, i profumi di cucina riempiono una casa. La decomposizione porta il marcio alle narici e l’amore fulmina con l’odore della pelle della persona amata che stampiamo in noi come timbro di alleanza.
Anche la salvezza profuma, e la condanna non è da meno. C’è un profumo di verità consegnato dalla parola del Maestro, venuto nella storia dolorosa dell’umanità per scacciare via il cattivo odore della morte e consegnare aria pulita alla creazione perché possa di nuovo essere abitata liberamente. Giovanni, l’apostolo dell’amore, nel suo Vangelo ci ha consegnato anche i profumi della resurrezione, come se avesse voluto passarci, se mai fosse stato possibile,la sua esperienza, la visione dell’assurdo, attraverso il profumo che sentì quel giorno quando, entrato nel sepolcro ormai vuoto, le sue narici percepirono che la morte di prima era passata.
Sul Golgota, Giovanni, impietrito sotto la croce, compagno nel dolore, sentì la fine dell’amico attraverso il naso, un odore inconfondibile, quello della morte, che costrinse il suo cuore a fuggire dalla certezza della vittoria.
Il discepolo più amato dal maestro forse avrà pensato a quando, la sera dell’ultima cena, posando il capo sul costato dell’amico, aveva creduto che il battito di quel cuore non si sarebbe mai arrestato e ora, che la morte chiudeva il sipario sul domani, sentì quell’odore trionfare sulle attese degli uomini.
Il tanfo della morte sanciva la sconfitta, la croce sembrava seppellire la speranza e inchiodare l’idea della salvezza a una parola vuota, senza conseguenze.
L’apostolo ricordava bene il terribile fetore della decomposizione che era venuto fuori dalla tomba di Lazzaro, quando Maria, la sorella dell’amico prigioniero del sepolcro, aspettava che il Maestro con la sua presenza sconfiggesse la morte.
Maria, che da tempo seguiva Gesù e aveva scelto la parte migliore della sua compagnia, in tempi di banchetti aveva offerto balsamo profumato per ungere i piedi del Maestro e carezzargli il capo.
Un balsamo di libbra pesante da conservare per la sepoltura, un balsamo appena asperso da Nicodemo e Giuseppe sul corpo del crocifisso prima di calare frettolosamente il lenzuolo sulle sue spoglie e seppellirlo senza onori a causa della festa. Nessuno poteva sapere, perché nessuno aveva
compreso, che il terzo giorno quel balsamo sarebbe stato portato al sepolcro inutilmente. Nessuno poteva immaginate che sarebbe stato consegnato ala terra, perché l’odore ripugnante della morte era stato sepolto per sempre dalla vittoria.


GENNARO MATINO

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letterina 20090405

L'affondo

Il
monte degli ulivi

Dalla cima del monte degli ulivi si può vedere tutta la città Santa di Gerusalemme,perciò possiamo capire meglio perché Gesù vedendo la città pianse e pronunciò le parole raccolte da Luca, dal significato così forte e profondo.
Credo che il loro valore sia da intendere non solo perché Gesù prevedeva la distruzione della città e del suo bellissimo Tempio,ma, in particolar modo perché era già a conoscenza che di lì a poco sarebbe venuta la sua morte sulla croce per mano di quegli stessi uomini che pochi giorni prima lo esaltavano aprendogli le porte della città.
Nonostante questa profezia si sia realizzata più di 2000 anni fa, il messaggio che racchiudeva è tuttora valido e presente. Pochi giorni fa, in un intervista,una giornalista mi ha posto questa domanda: “Se Gesù scendesse sulla terra in questo periodo di conflitti e vedesse questa città, quali sarebbero le sue parole?”.La mia risposta l’ha lasciata perplessa:”Gesù oltre a piangere, si dispererebbe molto perché questa città non è più (o forse non lo è mai stata ) la patria della pace e della solidarietà come il suo nome la descrive ( Yeroshalaim ),e forse ha perso anche la santità che il suo nome arabo Al-Quds racconta”. Oggi abbiamo bisogno di riscoprire il mistero di questa città cercando di renderla davvero la capitale spirituale del mondo, perché questo era ed è il volere di Dio. Gerusalemme deve tornare ad essere il punto di incontro tra il cielo e la terra, tra Dio e gli uomini, tra tutte le religioni del mondo.
Abbiamo l’obbligo di continuare ad impegnarci per far diventare Gerusalemme un luogo condiviso in modo fraterno tra i popoli che la abitano. Un punto d’incontro tra le religioni del mondo, aperto a tutti, sia in tempo di pace sia di guerra e di conflitti, perché il desiderio di Dio è che Gerusalemme diventi la porta, il luogo di passaggio tra due mondi, quello terreno e quello dei cieli.
Solo in questo modo il Signore non piangerà più e questa città sarà davvero la città dello Spirito.


Don Raed Abusahlia, Parroco di Taybeh-Efraim


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letterina 20090329

L'affondo

Spreco

Alla periferia della Pasqua, alla soglia della settimana decisiva, Gesù è a Betania e Maria gli unge i piedi con del nardo profumato, li asciuga con i suoi capelli, in silenzio, senza una parola:  parlano le mani, la tenerezza delle mani (cfr.Gv12,1-8). Quel vaso di nardo era molto prezioso, valeva una cifra enorme, dieci volte ciò che daranno a Giuda per tradire Gesù. Perché questo spreco? Ma il Vangelo è pieno di questo richiamo a non calcolare, a non vivere con la logica del mercato. E’ un Vangelo pieno di spreco. C’è il seminatore che spreca la semente tra rovi e sassi e strade. C’è lo spreco di quella festa che il padre organizza per il ritorno del figlio prodigo e debole. Spreca il suo denaro quel padrone che dà la paga di un giorno a chi ha lavorato un’ora soltanto. C’è uno spreco d’amore quando Gesù ripete:” Amerai con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutte le forze” (Mt 22,37), ma l’amore o è eccessivo o non è. C’è uno speco di perdono nel cuore di Dio:” Fino  a settanta volte sette, perdonerai” (Mt 18,22).

Nell’equilibrio illusorio del dare e dell’avere, il Vangelo in troduce lo squilibrio del dare per primo, dare in perdita, dare senza aspettare il contraccambio: a chi ti chiede la tunica, lascia anche il mantello; se uno ti chiede di accompagnarlo per un miglio, cammina con lui tutta la notte (cfr Mt 5,40-41). Il Vangelo ama lo spreco “per la vita”, perché questo mostra il volto dio Dio, un Dio che invia i suoi germi di vita a piene mani, senza contare né calcolare. Dio non è il grande calcolatore del consumo, non è il ragioniere dell’anima, non ha un cuore di mercante. Infatti, chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua fresca avrà una ricompensa eterna.

Amare è dare: evangelicamente, dissennatamente, generosamente, divinamente dare, come Maria di Betania, e poi come Gesù: perché tutto ciò che dai con tutto il cuore ti avvicina all’assoluto di Dio.  

Ermes Ronchi, Sulla soglia della vita

 

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