letterina 20100516

L'affondo

 Maria, donna innamorata

I love you. Je t'aime. Te quiero. Ich liebe Dich.                  Ti voglio bene, insomma.
Io non so se ai tempi di Maria si adoperassero gli stessi messaggi d'amore, teneri come giaculatorie e rapidi come graffiti, che le ragazze di oggi incidono furtivamente sul libro di storia o sugli zaini colorati dei loro compagni di scuola.
Penso, però, che, se non proprio con la penna a sfera sui jeans, o con i gessetti sui muri, le adolescenti di Palestina si comportassero come le loro coetanee di oggi.
Con «stilo di scriba veloce» su una corteccia di sicomòro, o con la punta del vincastro sulle sabbie dei pascoli, un codice dovevano pure averlo per trasmettere ad altri quel sentimento, che scuote l'anima di ogni essere umano : ti voglio bene!
Anche Maria ha sperimentato quella stagione splendida dell'esistenza, fatta di stupori e di lacrime, di trasalimenti e di dubbi, di tenerezza e di trepidazione, in cui, come in una coppa di cristallo, sembrano distillarsi tutti i profumi dell'universo. Ha assaporato la gioia degli incontri, l'attesa delle feste, gli slanci dell'amicizia, l'ebbrezza della danza, le innocenti lusinghe per un complimento, la felicità per un abito nuovo. Cresceva come un'anfora sotto le mani del vasaio, e tutti si interrogavano sul mistero di quella trasparenza senza scorie e di quella freschezza senza ombre. Una sera, un ragazzo di nome Giuseppe prese il coraggio a due mani e le dichiarò: «Maria, ti amo». Lei gli rispose, veloce come un brivido: «Anch'io». nell'iride degli occhi le sfavillarono, riflesse, tutte le stelle del firmamento. Le compagne, non riuscivano a spiegarsi come facesse a comporre i suoi rapimenti in Dio e la sua passione per una creatura. Il sabato la vedevano assorta nell'esperienza sovrumana dell'estasi, quando, nei cori della sinagoga, cantava: «O Dio, tu sei il mio Dio, dall'aurora ti cerco: di te ha sete l'anima mia come terra deserta, arida, senz'acqua». Poi la sera rimanevano stupite quando, raccontandosi a vicenda le loro pene d'amore sotto il plenilunio, la sentivano parlare del suo fidanzato, con le cadenze del Cantico dei cantici: «Il mio diletto è riconoscibile tra mille... I suoi occhi, come colombe su ruscelli di acqua... Il suo aspetto è come quello del Libano, magnifico tra i cedri...».Per loro, questa composizione era un'impresa disperata. Per Maria, invece, era come mettere insieme i due emistichi d'un versetto dei salmi. Per loro, l'amore umano che sperimentavano era come l'acqua di una cisterna: limpidissima, sì, ma con tanti detriti sul fondo. Bastava un nonnulla perché i fondigli si rimescolassero e le acque divenissero torbide. Per lei, no. Non potevano mai capire, le ragazze di Nazareth, che l'amore di Maria non aveva fondigli, perché il suo era un pozzo senza fondo.
 

 

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letterina 20100509

L'affondo

 Maria obbediente

 Si sente spesso parlare di obbedienza cieca. Mai di obbedienza sorda. Sapete perché?
Per spiegarvelo devo ricorrere all'etimologia. Obbedire deriva dal latino «ob-audire».
Che significa: ascoltare stando di fronte.
Quando ho scoperto questa origine del vocabolo, anch'io mi sono progressivamente liberato dal falso concetto di obbedienza intesa come passivo azzeramento della mia volontà, e ho capito che essa non ha alcuna rassomiglianza, neppure alla lontana, col supino atteggiamento dei rinunciatari.
Chi obbedisce non annulla la sua libertà, ma la esalta. Non mortifica i suoi talenti, ma li traffica nella logica della domanda e dell'offerta.
Non si avvilisce all'umiliante ruolo dell'automa, ma mette in moto i meccanismi più profondi dell'ascolto e del dialogo.
C'è una splendida frase che fino a qualche tempo fa si pensava fosse un ritrovato degli anni della contestazione: «Obbedire in piedi». Sembra una frase sospetta, da prendere, comunque, con le molle. Invece è la scoperta dell'autentica natura dell'obbedienza, la cui dinamica suppone uno che parli e l'altro che risponda. Uno che faccia la proposta con rispetto, e l'altro che vi aderisca con amore. Uno che additi un progetto senza ombra di violenza, e l'altro che con gioia ne interiorizzi l'indicazione.
In effetti, si può obbedire solo stando in piedi. In ginocchio si soggiace, non si obbedisce. Si soccombe, non si ama. Ci si rassegna, non si collabora...
L'obbedienza, insomma, non è inghiottire un sopruso, ma è fare un'esperienza di libertà. Non è silenzio rassegnato di fronte alle vessazioni, ma è accoglimento gaudioso di un piano superiore.
Non è il gesto dimissionario di chi rimane solo con i suoi rimpianti, ma una risposta d'amore che richiede per altro, in chi fa la domanda, signorilità più che signoria.
Chi obbedisce non smette di volere, ma si identifica a tal punto con la persona a cui vuol bene, che fa combaciare, con la sua, la propria volontà.
Ecco l'analisi logica e grammaticale dell'obbedienza di Maria.
Questa splendida creatura non si è lasciata espropriare della sua libertà neppure dal Creatore. Ma dicendo «sì», si è abbandonata a lui liberamente ed è entrata nell'orbita della storia della salvezza con tale coscienza responsabile che l'angelo Gabriele ha fatto ritorno in cielo, recando al Signore un annuncio non meno gioioso di quello che aveva portato sulla terra nel viaggio di andata. 

Tonino Bello

 

 

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letterina 20100502

L'affondo

 Maggio e Maria

 Arriva il mese di maggio, tradizionalmente  dedicato a Maria e alla preghiera del rosario e intenso di appuntamenti: Prima Comunione, Cresima, Giornate Eucaristiche (27-30 maggio), ordinazione e festa al prete novello don Francesco, celebrazioni nelle diverse zone del paese e Palio delle Contrade.
La bella stagione che si apre potrebbe invogliare ad evadere, a lasciar correre, a desistere dalle proposte. Ecco perché non solo invitiamo a non demordere, ma addirittura ad alzare il tiro.
Ai ragazzi viene dato un libretto per tutto il mese, con l’invito a pregare ogni giorno una decina del rosario, secondo lo schema riportato e coinvolgendo anche i familiari; la conchiglia-il segno dell’anno pastorale– diventa un braciere in cui accendere la fiammella  del lumino durante la decina.
Alle celebrazioni della sera, il lunedì e il mercoledì, ore 20.00, invitiamo a turno i gruppi della catechesi dei ragazzi con catechisti e genitori, per creare intorno all’Eucarestia celebrata tra le case, legami di comunità.

Di seguito troviamo il calendario, i luoghi e i gruppi (fermo restando che l’invito è sempre per tutti).

Mercoledì 05 maggio alla Longa (5 elem)
Lunedì 10 maggio al Golf (3 elem)
Mercoledì 12 maggio al Cimitero (4 elem)
Lunedì 17 maggio Precornelli (casa Accardi) (2 media)
Mercoledì 19 maggio Campo delle rane (1 media)
Lunedì 24 maggio alla Casella (1 elem)
Mercoledì 26 maggio a Salvano (2 elem)
Lunedì 31 maggio a Brocchione: conclusione mese di maggio e ringraziamento per l’anno catechistico (tutti i gruppi).
 
  

 

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letterina 20100425

L'affondo

 La testimonianza suscita vocazioni
 

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, cari fratelli e sorelle!
La 47a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, mi offre l'opportunità di proporre alla vostra riflessione un tema che ben si intona con l'Anno Sacerdotale: La testimonianza suscita vocazioni...Per questa ragione desidero richiamare tre aspetti della vita del presbitero, che mi sembrano essenziali per un'efficace testimonianza sacerdotale.
Elemento fondamentale e riconoscibile di ogni vocazione al sacerdozio e alla consacrazione è l'amicizia con Cristo. Gesù viveva in costante unione con il Padre, ed è questo che suscitava nei discepoli il desiderio di vivere la stessa esperienza, imparando da Lui la comunione e il dialogo incessante con Dio...Altro aspetto della consacrazione sacerdotale e della vita religiosa è il dono totale di sé a Dio. Scrive l'apostolo Giovanni: "In questo abbiamo conosciuto l'amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1 Gv 3,16). Con queste parole, egli invita i discepoli ad entrare nella stessa logica di Gesù che, in tutta la sua esistenza, ha compiuto la volontà del Padre fino al dono supremo di sé sulla croce...Infine, un terzo aspetto è il vivere la comunione. Gesù ha indicato come segno distintivo di chi vuol essere suo discepolo la profonda comunione nell'amore: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35). In modo particolare, il sacerdote dev'essere uomo di comunione, aperto a tutti, capace di far camminare unito l'intero gregge che la bontà del Signore gli ha affidato, aiutando a superare divisioni, a ricucire strappi, ad appianare contrasti e incomprensioni, a perdonare le offese... 

 BENEDICTUS PP. XVI  

 

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letterina 20100418

L'affondo

 A di Amare

Non basta dire:"Quelli erano altri tempi, oggi sarebbe più difficile farlo".
Perché in tutti i tempi l’amore deve vincere il sospetto, sempre bisogna accettare il rischio e fidarsi, uscire quando le ragioni per stare chiusi dentro sembrerebbero essere più serie e gravi. Altrimenti la vita lentamente ma inesorabilmente si trasforma in lutto, la casa diventa una tana e la strada un vicolo cieco. Infatti , l’amore che noi ci mettiamo non è tanto un regalo fatto all’altro, quanto un dono offerto a noi stessi per scommettere su un "più" di vita, per rilanciare la posta in gioco dell’esistenza.  
L’amore è un’apertura di credito verso la nostra contabilità che diversamente resterebbe fatta di quattro conti con i quali non ti compreresti niente.  
Non ragionare, ama!  
E quella  stessa vita che ti sembrava arida e desolata ti tornerà in grazia.  
Ama e troverai quello che cerchi.

Lucio Coco: Piccolo lessico della modernità

 

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letterina 20100411

L'affondo

 Ciò che salva è la relazione

Mi ha sempre colpito un aspetto della cultura ebraica, così come la narrazione biblica ce la rappresenta. Ed è il suo aspetto peculiare, che la differenzia, per esempio, dalla cultura greca, così fortemente connotata da grandi sistemi di pensiero, si potrebbe dire da grandi manuali di risposte. Nella cultura ebraica non esistono risposte, esiste una storia, la narrazione di una storia, che ti lascia a volte a bocca aperta, perché non c’è mai terreno sicuro sotto i piedi, non si sa dove si va a finire, ci sono più domande che sicurezze. Uno dei personaggi che più ne interpreta lo spirito è Abramo: lui parte e non sa per dove e non sa se ci arriverà mai. E difatti non ci arriva, ma non è importante. La sua vita e la sua grandezza staranno infatti tutte in quel suo partire e cercare, nel suo interrogarsi ed interrogare. Non è che la cultura greca non abbia prodotto storia, ma è un’altra storia, un altro tipo di vita e di rapporti. C’è una bellezza statica, cha sa a volte di appagamento, c’è la solitudine dell’uomo di fronte al proprio destino. Il racconto biblico appare sconcertante, se lo leggi non come libro religioso, ma come chiave di vita per l’essere umano. Non ci sono risposte compiute e spiegazioni, o meglio ... poi una risposta appare ed arriva chiara, anche se non sembra tale. E la risposta è: un’alleanza, dice la Bibbia, un rapporto, un’amicizia.
Oggi la psicologia moderna direbbe: "la relazione", che non è di fatto la risposta razionale alle tue domande, ma è la condizione che risolve. Nella relazione magari le risposte che tu cercavi non ci sono, tu continui a saperne quanto prima, ma non ti interessa più, perché hai già quelo che ti serve. Sembra un paradosso, ma non lo è affatto. Oggi più che mai questa verità appare un’evidenza così sconcertante ed inconfutabile, come non, o era mai stata in altra epoca. Ogni sistema di riferimento infatti è andato in crisi, sembra che non ci siano più strade sicure ed uguali per tutti. E questo potrebbe non essere una disgrazia, perché ci obbliga a riflettere, a farci domande, a cercare nuove soluzioni. E nuove forme di relazione.

Pier Luigi Ricci

 

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