letterina 20101212

L'affondo 

Brembate come Avetrana?

   Mi hanno chiesto  che cosa penso della vicenda di Avetrana, del delitto di Sarah e della "verità parcellizzata, ogni giorno un pezzetto e sempre un po' diversa. Rispondo che faccio fatica a pensare, anche perché l'unica cosa certa è che ci troviamo di fronte all'abisso del male, davanti al qualevsi vorrebbe urlare e insieme cadere in un silenzio altrettanto fragoroso. La cosa più odiosa - omicidio a parte, naturalmente  -  è l'innescarsi di una curiosità becera, che rende banale l'abisso del male, trasformandolo in una materia per "guardoni" che, con la scusa di portare un fiore sul luogo del delitto per ricordare la povera vittima, rendono ancora più assurda l'azione degli assassini. E se c'è una cosa ancora più odiosa della curiosità della gente, è che a trasformarla in ennesima notizia sono la stampa e la televisione, becere anch'esse, curiose e moraliste... Si vorrebbe  stare in silenzio, invece bisogna alzare la voce e stigmatizzare questo festival delle chiacchiere. Il male si è impadronito di una famiglia intera, e su di essa sono calati gli stormi di avvoltoi, dai giornalisti agli avvocati, dai criminologi agli psicologi. Tutti hanno una analisi perfetta da sciorinare. Qualcuno  lo aveva addirittura previsto che l'omicida era quello  -  si vedeva da come alzava le spalle davanti alle telecamere  - ma poi ha dovuto ricredersi: era quella, non quello, o forse addirittura quelli. Ora, comprando il giornale alla mattina, la gente si aspetta che lo scenario cambi ancora diventi più cupo.  Se si potesse  scovare all'origine di tutto un retroterra di violenza in salsa di pedofilia  - magari con il coinvolgimento anche di un prete!  -  beh, la storia potrebbe continuare a lungo e si potrebbero fare altri pruriginosi Porta a Porta o Matrix o Quarto Grado o Terra. Gli ascolti? Sono altissimi, segno evidente che la gente vuole questo. E nessuno  che ci provi a cambiare palinsesto.  Io onestamente non so proprio che cosa pensare di fronte all'abisso del male, che può spalancarsi dentro il cuore di ogni uomo. Mi verrebbe da aggiungere che quello stesso cuore Uno lo ha già guarito in profondità, ma non ce ne siamo ancora accorti e la nostra libertà malata continua a maneggiare il "regalo" che ci ha fatto il serpente. Ma soprattutto vorrei invitare i cristiani ad una preghiera, a talk-show rigorosamente spenti, da cuore a Cuore.     

d. Agostino Clerici

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


 

Scarica qui la letterina

 

scarica modulo contributo alla Parrocchia da impresa

scarica modulo contributo alla Parrocchia da privato

letterina 20101205

L'affondo 

E salga.

 

La Bibbia ebraica finisce con una frase sospesa:” Chiunque di voi fa parte del suo popolo, il suo Dio sia con lui e salga” (2Cr 36,23).
“E salga a Gerusalemme”, comprende il lettore che ha letto quanto precede e ha fatto sue le parole del salmista:
”Se ti dimentico, Gerusalemme, si inaridisca la mia destra!
La mia lingua si attacchi al palato se perdo il tuo ricordo,
se non metto Gerusalemme al vertice della mia gioia” (Sal 137,6)

 

Dove salire infatti, se non verso le alture di Gerusalemme?
Con questa conclusione la Bibbia ebraica si pone interamente sotto il segno del pellegrinaggio. L’esperienza ultima del lettore è mettersi in cammino e salire, verso la Gerusalemme terrena o, in maniera ancor più definitiva, verso la Gerusalemme celeste.
Per il pellegrino biblico, tuttavia, la strada da imboccare rimane quella delle parole, quella della lettura del libro che ha con sé.
Da qualunque esilio egli ritorni, per lui la Bibbia è divenuta, come scrive il poeta Heinrich Heine, “una patria portatile”.
Leggere la Bibbia sino in fondo è diventare pellegrini; diventare pellegrini biblici è accogliere il libro delle Scritture come guida delle nostre strade, divine e umane, da percorrere sino alla Gerusalemme di Dio.


“Per misericordia di Dio sono uomo e cristiano, per opere gran peccatore, per vocazione pellegrino senza dimora, del ceto più umile, che va forestiero di luogo in luogo. I miei averi sono: una bisaccia di pan biscotto sulle spalle, e in seno la sacra Bibbia, ecco tutto.” Racconti di un pellegrino russo


Jean-Pierre Sonnet

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


Scarica qui la letterina

 

scarica modulo contributo alla Parrocchia da impresa

scarica modulo contributo alla Parrocchia da privato

letterina 20101128

L'affondo 

Seconda tappa anno pastorale: un ciuffo d'erba

E poi  cos'altro mettere nella bisaccia? Un ciuffo d'erba del monte. Per gli apostoli il monte è quello delle beatitudini, laddove di fronte alle folle sterminate suonò per la prima volta il messaggio di liberazione proposto da Gesù. Sicché portarsi nella bisaccia un ciuffo d'erba colto da quelle pendici fiorite significa, per il credente di oggi, portarsi incorporata l'allegoria della novità cristiana, della  novitas cristiana. Significa che lui stesso deve diventare icona della novitas cristiana al punto tale di dare la vita, senza riduzione in scala, per quelle che Ignazio Silone chiamava "apparenti assurdità". La povertà, la nonviolenza, la solidarietà, le testimoniamo vivendole mediante il perdono,
l'amore per i nemici, la passione per la verità, lo schieramento di parte accanto agli umiliati e agli offesi, l'abbandonarsi fiduciosi alla provvidenza...
Il mondo  di oggi, pur così distratto, si lascia ancora colpire dalla coerenza di quanti "rendono ragione della propria fede", qualunque essa sia. Sono le parole, semmai, che oggi rendono l'uomo indifferente. A non fare né caldo né freddo, all'uomo contemporaneo, sono le affermazioni di principio, quando esse non trovano riscontro nella vita. A rendere indifferente è l'insignificanza dei programmi che si prolungano nell'accademia e si esauriscono nel vaniloquio. I fatti concreti però lo seducono, le scelte di vita lo interpellano con forza e gli schermi dei suoi radar  - dei radar dell'uomo contemporaneo  - anche se sono refrattari a registrare la presenza dei loro maestri, registrano sempre la presenza dei testimoni.
Un'altra cosa importante: la testimonianza offerta agli uomini d'oggi, se vuole trovare eco nel loro cuore, deve essere genuinamente cristiana, genuinamente, con il marchio di origine controllata; perchè la gente, insospettita da in mercato così pieno di contraffazioni, è diventata guardinga, oggi; forse non coglie al volo le sofisticazioni alimentari, ma per le adulterazioni spirituali ha il fiato prontissimo. Concretezza e autenticità: è su queste coordinate  - da rintracciare non nelle carte nautiche o nei libri edificanti o nei nostri messali o nelle nostre sontuose liturgie, ma nella vita pratica dei cristiani coerenti - che gli uomini d'oggi - per quanto scettici, increduli o indifferenti, o anche diversi potranno incrociare la loro rotta con quella di Gesù Cristo.   

don Tonino Bello


Concretezza e autenticità che si presenteranno a noi in questo avvento con il volto e i passi di Maria, umile ancella. E dunque: concretezza, autenticità e umiltà:per respirare l'alta quota del monte delle beatitudini, e non far disseccare il ciuffo d'erba delle sue pendici nella nostra bisaccia

.

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


Scarica qui la letterina

 

scarica modulo contributo alla Parrocchia da impresa

scarica modulo contributo alla Parrocchia da privato

letterina 20101121

L'affondo 

Morire per amore

Quando, nel 1996, i sette monaci di Notre-Dame de l’Atlas in Algeria- una piccola comunità di trappisti di cui quasi nessuno aveva mai sentito parlare  - vennero rapiti e poi uccisi, l’opinione pubblica si commosse a tal punto che ci fu chi scrisse che "quei monaci in quaranta giorni avevano rievangelizzato la Francia". In realtà non furono i giorni di prigionia e la successiva morte brutale, ma piuttosto i lunghi anni di vita fraterna in mezzo ai credenti dell’islam a essere testimonianza e annuncio del Vangelo. Ne è riprova il fatto che oggi, a quasi quindici anni dalla vicenda, l’uscita di un film come Uomini di Dio  ridesta in Francia (e non solo) l’interesse appassionato per quelle vite donate fino all’estremo: davvero - come ha saputo ben cogliere il regista Xavier Beauvois - l’elemento decisivo non sta nelle modalità dell’uccisione dei monaci, bensì nell’insieme della loro vita, culminata tragicamente al pari di quella di migliaia di algerini in quegli anni...
La portata spirituale dell’evento e della vita che l’ha preceduto, fa pensare all’intera esistenza dei sette monaci come "martirio dell’amore", come vita donata fino all’estremo. Non a caso, il processo di beatificazione avviato nella diocesi di Algeri accomuna i 19 religiosi, uomini  e donne, uccisi in circostanze diverse in quegli anni. "Vi troviamo persone miti e persone forti, mistici e poeti, attivi e contemplativi, uomini e donne dediti agli umili servizi quotidiani e pionieri della missione, persone dotate di parola potente e altre ricche di silenzio contemplativo. Tutti testimoni dell’amore, del servizio, del dialogo. Il loro sacrificio è una benedizione di pace per la piccola Chiesa d’Algeria e per tutto il popolo algerino, il loro prossimo d’elezione." Questa umanità testimonia che la barbarie non è un fatale destino e che le religioni non sono i tizzoni che alimentano i nuovi conflitti mondiali. Alla scuola del vissuto di queste persone semplici impariamo che il rispetto della vita umana è il fondamento di ogni convivenza civile, perché solo l’amore, il perdono, la comunione assicurano un futuro a ciascuno e all’umanità nel suo insieme. I monaci di Tibhirine hanno scritto giorno dopo giorno la testimonianza credibile del martirio d’amore, la verità ultima di tutte le religioni:"Non c’è amore più grande che dare la vita per quanti si amano."                 

Guido Dotti, monaco di Bose

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Francesco 3333673045.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


Scarica qui la letterina

 

scarica modulo contributo alla Parrocchia da impresa

scarica modulo contributo alla Parrocchia da privato

letterina 20101114

L'affondo 

Carlo Maria Martini: così la fede rinasce nella notte

Queste parole mi fanno sempre molta impressione, perché non mi è mai capitato di dire: «La mia anima è triste fino alla morte»; ci sono stati momenti di tristezza, ma proprio di essere schiacciato, di essere stritolato non mi è mai successo.
Penso quindi che a Gesù sia accaduto qualcosa di terribile. Che cosa sarà stato?
Probabilmente la previsione imminente della passione; forse Gesù non sapeva tutti i particolari, ma sapeva che gli uomini ce l’avevano con lui, volevano eliminarlo nella maniera più crudele possibile. Sapeva di essere in mano a uomini cattivi: questo è già un motivo di paura e di angoscia. Ma poi probabilmente sentiva su di sé tutta l’ingiustizia del mondo e questo è qualcosa che non si può sopportare; l’ingiustizia del mondo che si esprime nelle guerre, nelle carestie, nelle oppressioni, nelle forme di schiavitù, che è immensa e percorre tutta la storia.
E quando noi ci fermiamo a considerare questa ingiustizia, siamo come senza fiato, siamo schiacciati. Però Gesù ha voluto essere quasi schiacciato da queste cose per poterle prendere su di sé. Quindi dobbiamo dire che da una parte le ingiustizie del mondo, della storia, della storia della Chiesa ci fanno soffrire, ma che insieme siamo certi che Gesù le ha accolte in sé, e quindi le ha riscattate.
Non sappiamo come, ma questa è una certezza che ci deve accompagnare, e ci deve accompagnare in tutte le notti della sofferenza, del dolore, quando uno si trova di fronte a una notizia che lo riguarda e che è infausta. Per esempio un tumore, pochi mesi di vita. Allora succede come una sorta di ribellione, di non accettazione. C’è una lotta interiore. Notte della sofferenza, notte della fede in cui non si sente più la presenza di Dio. Questo è molto duro, soprattutto quando si è impegnati. Notte della fede per cui sono passati san Giovanni della Croce e, recentemente, Madre Teresa di Calcutta, la quale diceva che fino a verso i cinquant’anni le pareva che Dio le fosse vicino, poi più niente. Avendola conosciuta, vedevo questo suo rigore, questa sua fedeltà, questa sua tensione, ma non immaginavo che dietro ci fosse il buio completo sull’esistenza di Dio, del Dio rimuneratore. Anche santa Teresa di Gesù Bambino è passata per questa notte. Possiamo dire che tutte queste notti sono riassunte nella notte del Getsèmani e in essa Gesù riceve tutte le nostre ingiustizie e le fa sue, le accoglie per poterle offrire e purificarle. 


Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Francesco 3333673045.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


Scarica qui la letterina

 

scarica modulo contributo alla Parrocchia da impresa

scarica modulo contributo alla Parrocchia da privato

letterina 20101107

L'affondo 

Nell'estasi di Dio

 

C'era una volta un monaco che conduceva una vita serena e tranquilla. Una sola inquietudine lo tormentava. Aveva paura dell'eternità. Gli eletti in Paradiso cantano le lodi di Dio come fanno i monaci.
Un conto è farlo per un po' di tempo. Ma per l'eternità! Per felici che si possa essere alla presenza di Dio, dopo qualche milione d'anni chissà che noia... Un giorno di primavera, se ne andò secondo la sua abitudine a passeggiare nel bosco che circondava il monastero.
L'aria era viva e leggera, profumata di erba e di fiori. Il monaco sospirò pensando al suo problema. Sopra la sua testa un usignolo cominciò a cantare. Un canto così puro, modulato, melodioso che il monaco dimenticò i suoi pensieri per ascoltarlo. Non aveva mai sentito niente di più bello. Per un istante ascoltò estasiato. Poi pensò che era ora di raggiungere il coro per la preghiera e si affrettò.
Stranamente avevano sostituito il frate portinaio con uno che non conosceva. Passò un altro monaco e poi un altro che non aveva mai visto. «Che cosa desidera?» gli chiese il portinaio. Vagamente irritato, il nostro monaco rispose che voleva soltanto entrare per non essere in ritardo. L'altro non capiva. Il monaco protestò e chiese con veemenza di vedere l'abate. Ma anche l'abate era uno sconosciuto e il povero monaco fu preso dalla paura. Balbettando un po', spiegò che era uscito dal monastero per una breve passeggiata e che si era attardato un attimo ad ascoltare il canto di un usignolo, ma che si era affrettato a rientrare per l'ufficio pomeridiano. L'abate lo ascoltava in silenzio. «Cento anni fa», disse alla fine, «un monaco di questa abbazia, proprio in questa stagione e in quest'ora, è uscito dal monastero. Non è più ritornato e nessuno l'ha più rivisto». Allora il monaco capì che Dio l'aveva esaudito. Se cento anni gli erano parsi un istante nello stato d'estasi in cui l'aveva rapito il canto dell'usignolo, l'eternità non era che un istante nell'estasi in Dio 

(da: Bruno Ferrero, Il segreto dei pesci rossi, Elledici).

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Francesco 3333673045.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


 

scarica modulo contributo alla Parrocchia da impresa

scarica modulo contributo alla Parrocchia da privato