letterina 20100815

L'affondo

 15 agosto

Il 15 agosto è l’anniversario del giorno in cui a Gerusalemme, nel V secolo, è stata dedicata una delle prime chiese a Maria. I cristiani hanno da sempre pensato che Maria fosse associata in modo unico al mistero del suo Figlio, compreso il momento della morte. Così è sorta la convinzione che Maria fosse stata introdotta a partecipare anche alla risurrezione di Gesù. Ben presto non si è usato più parlare della «morte» di Maria, ma si è preferito chiamarla «dormizione», intendendo affermare come Maria non avesse conosciuto la corruzione del sepolcro. Il corpo che aveva dato carne al Verbo di Dio non poteva non partecipare della gloria divina.
L’assunzione di Maria rimane un mistero e come tale è incomprensibile ai nostri occhi e difficile da penetrare per la nostra mente. Ma in Maria contempliamo l’opera del Figlio, e tutto ciò che avviene in lei, avviene per mezzo di suo Figlio, unico Salvatore degli uomini. Ciò che oggi celebriamo in Maria è ciò che è promesso a tutti e che noi crediamo già realizzato in Gesù, ossia la risurrezione dei nostri corpi mortali. Invece di essere una difficoltà per la nostra fede, l’Assunzione può diventare un aiuto prezioso, un momento di crescita nella speranza delle realtà future. Una speranza per la pienezza della nostra risurrezione, quando in corpo ed anima anche noi contempleremo per l’eternità il volto di Dio.  
Ma guardiamo a lei, la donna vestita di sole dell’Apocalisse. Guardiamo alla Madre di Gesù che, incinta, corre da Elisabetta. Guardiamola mentre va in fretta dalla cugina, anche lei in attesa di un figlio. Maria, pellegrina nella fede come ognuno di noi, viene proclamata beata proprio perché ha creduto. Dalla fede-abbandono di Maria nasce quel cantico di lode che Luca ha inserito come gioiello di unica bellezza nel suo Vangelo. Maria canta Dio. Con il Magnificat ella  ci dice chi è il Dio nel quale ha creduto. Anche noi dobbiamo guardare Dio in cui diciamo di credere come Maria


Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Francesco 3333673045.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


 

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letterina 20100808

L'affondo

 San Lorenzo

Lorenzo era originario di Osca, in Aragona (Spagna) alle falde dei Pirenei. Ancora giovane, fu mandato a Saragozza per completare gli studi umanistici e teologici; lì conobbe il futuro Papa Sisto II. Questi, che era originario della Grecia, insegnava in quello che era, all'epoca, uno dei più noti centri di studi della città e, tra quei maestri, il futuro papa era uno dei più conosciuti ed apprezzati.
Tra maestro e allievo iniziò un'amicizia e una stima reciproche. Entrambi, seguendo un flusso migratorio allora molto vivace, lasciarono la Spagna per trasferirsi a Roma.  
Quando il 30 agosto 257 Sisto fu eletto vescovo di Roma, affidò a Lorenzo il compito di arcidiacono, cioè di responsabile delle attività caritative nella diocesi di Roma, che beneficiavano 1500 persone fra poveri e vedove.  
Agli inizi dell'agosto 258 l'imperatore Valeriano aveva emanato un editto, ordinando che tutti i vescovi, presbiteri e diaconi dovevano essere messi a morte.
L'editto fu eseguito immediatamente e Sisto II, sorpreso mentre celebrava l'Eucaristia nelle catacombe di San Callisto, fu ucciso con quattro diaconi il 6 agosto; quattro giorni dopo fu la volta di Lorenzo. A partire dal IV secolo Lorenzo è stato uno dei martiri più venerati nella Chiesa di Roma. Costantino I fu il primo ad edificare un piccolo oratorio nel luogo del suo martirio. Tale costruzione fu ampliata e abbellita da Pelagio II (579-590).  Sisto III (432-440) costruì una grande basilica sulla sommità della collina dove Lorenzo fu seppellito.  Nel XIII secolo Onorio III unificò i due edifici, che costituiscono la basilica che esiste tutt'oggi.  La prima menzione del 10 agosto come data del martirio risale alla « Depositio martyrum », uno scritto dell'anno 354. Per il martirio di Lorenzo abbiamo la testimonianza particolarmente eloquente di Ambrogio nel « De Officiis », ripresa, in seguito, da Prudenzio e da Agostino d'Ippona, poi ancora da Massimo di Torino, Pier Crisologo, Leone Magno. Ambrogio si dilunga, dapprima, sull'incontro e sul dialogo fra Lorenzo ed il Papa, poi allude alla distribuzione dei beni della Chiesa ai poveri, infine menziona la graticola, strumento del supplizio, rimarcando la frase con cui l'arcidiacono della Chiesa di Roma, rivolgendosi ai suoi aguzzini dice: « Sono cotto da questa parte, girami dall'altra e poi mangiami ».

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

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Don Paolo (Burligo) 035 550081.
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Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


 

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letterina 20100801

L'affondo

 La Porziuncola

Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!
Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe".
"Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?". E Francesco: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni". E qualche giorno più tardi insieme ai Vesovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!". (Da "Il Diploma di Teobaldo", FF 3391-3397)

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

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Don Paolo (Burligo) 035 550081.
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letterina 20100725

L'affondo

 Lo straniero

Un’ultima pagina a partire dalle suggestioni del tema del CRE.
La strada diventa spazio brulicante di vita nella quale si incontrano volti diversi (famiglie, ragazzini, giovanotti impomatati…), abbigliamenti variegati, attività umane diversificate (tram, botteghe, un tabaccaio a riposo, un cameriere che tiene pulito il locale…): il tutto in un monotono pomeriggio domenicale. La terra è anche spazio dell’attività dell’uomo che, nella diversità di spazi e di tempi, cerca di dare un senso di qualsiasi genere alla sua presenza nel mondo: passeggiare in famiglia, andare al cinema, riposarsi un poco, custodire il proprio ambiente di lavoro sono strade possibili. Per Camus, l’autore di questo romanzo, sono tutti tentativi vuoti perché nulla può far evadere da un cielo puro ma senza splendore e dalla monotonia di una esistenza che certo non abbiamo scelto e forse subiamo, ma non c’è altra strada per vivere che muoversi, camminare, incontrare, stare sulla soglia della propria bottega… in attesa di trovare chi riempia i nostri vuoti.


Albert Camus, Lo straniero

La mia camera dà sulla via principale del quartiere. Il pomeriggio era bello. Il lastricato era tuttavia umido. I passanti ancora rari e affrettati. Erano in principio famiglie che andavano a passeggio, due ragazzini vestiti alla marinara, coi calzoni più giù del ginocchio, un po’ goffi dentro la stoffa rigida e una bambina con un gran fiocco rosa e delle scarpe nere di vernice. Dietro a loro una madre enorme, vestita di seta marrone, e il padre, un ometto piuttosto esile che conosco di vista. Aveva una paglietta, una cravatta a farfalla e un bastone da passeggio. Vedendolo con sua moglie, ho capito perchè nel quartiere si diceva che era una persona distinta. Un po’ più tardi passarono i ragazzi del sobborgo, coi capelli impomatati e delle cravatte rosse, la giacca molto aderente con un fazzoletto ricamato nel taschino e delle scarpe a punta quadra. Certo andavano nei cinema del centro. Era per questo che uscivano di casa così presto e correvano per prendere il tram, ridendo forte.
Passati loro, la strada è diventata poco a poco deserta. Gli spettacoli dovevano essere cominciati dappertutto. Non c’erano più nella strada che i bottegai e i gatti. Il cielo era puro ma senza splendore, sopra i fichidindia ai lati della strada. Sul marciapiede di fronte, il tabaccaio ha tirato fuori una sedia, l’ha sistemata davanti alla sua porta e ci si è messo sopra a cavalcioni appoggiandosi con le mani allo schienale. I tram poco prima gremiti erano quasi vuoti, nel piccolo caffè “da Pierrot” che è di fronte al tabaccaio, il cameriere scopava della segatura nella sala deserta. Era veramente domenica.

  

 

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letterina 20100718

L'affondo

 Funghi in città

Ancora CRE e ancora una riflessione sul tema della terra.
Raccontando lo scorrere delle stagioni in città percepito dall’animo semplice di Marcovaldo, uomo poco adatto alla vita della metropoli, Calvino immortala un "disadattato" che non ha perso il gusto di lasciarsi trasportare da quello che la natura - il vento in questo caso -  dona ai suoi occhi.
C’è una profonda saggezza nel sapere osservare e mettersi in ascolto di quello che la terra suggerisce con il mutare dei colori, i piccoli insetti inseriti nei pertugi, i segni di vita che abitano spazi inconsueti.
Allora ci si accorge degli spazi di vita dentro e intorno a noi, delle novità che possono riempire le giornate, del tempo che scorre tra sogni e realtà, desideri e realizzazioni concrete, dei colori che si alternano a certi spazi grigi e uniformi. Ci si accorge che nel mutare della natura è iscritto il nostro mutamento, nella ricchezza dei tempi e delle stagioni la nostra ricchezza.


Italo Calvino, Funghi in città (da Marcovaldo, raccolta di novelle, 1996)

Il vento venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui si accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno che starnutono per pollini di fiori d'altre terre.
Un giorno, sulla striscia d'aiola d'un corso cittadino, capitò chissà donde una ventata di spore e ci germinarono dei funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che proprio lì prendeva ogni mattina il tram.
Aveva, questo Marcovaldo, un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto.
Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse a una tegola, non gli sfuggivano mai: non c’era tafano sul dorso d’un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marvovaldo non notasse e non facesse oggetto di ragionamento scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo e le miserie della sua esistenza.
Così un mattino, aspettando il tram che lo portava alla ditta SBAV dov’era uomo di fatica, notò qualcosa di insolito presso la fermata, nella striscia sterile e incrostata che segue l’alberatura del viale: in certi punti al ceppo degli alberi sembrava si gonfiassero bernoccoli che qua e là si aprivano e lasciavano affiorare tondeggianti corpi sotterranei.
Si chinò a legarsi le scarpe e guardò meglio: erano funghi, veri funghi che stavano spuntando proprio nel cuore della città!
A Marcovaldo parve che il mondo grigio e misero che lo circondava diventasse d’un tratto generoso di ricchezze nascoste e che dalla vita ci si potesse ancora aspettare qualcosa, oltre la paga oraria del salario contrattuale, la contingenza, gli assegni familiari e il caro pane.

  

 

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letterina 20100711

L'affondo

 La luna e i falò

Il CRE ci suggerisce alcuni approfondimenti letterari sul tema della terra .
Partiamo da Cesare Pavese, con il romanzo "La luna e il falò" (1950).
Anguilla, un trovatello nativo delle Langhe piemontesi, emigrato in America per fare fortuna, ritorna al paese per rivedere i luoghi della sua infanzia. A muoverlo è un profondo e intenso desiderio di radici che vanamente ma ostinatamente rincorre da sempre, perché un paese significa sapere che nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei, resta ad aspettarti. La terra ricorda quindi il bisogno di radici.

"Così questo paese, dove sono nato, ho creduto per molto tempo
che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo l’ho visto davvero e so che è fatto di tanti piccoli paesi, non so se da ragazzo mi sbagliavo poi di molto. Uno gira per mare e per terra, come i giovanotti dei miei tempi andavano sulle feste dei paesi intorno, e ballavano, bevevano, si picchiavano, portavano a casa la bandiera e i pugni rotti. Si fa l’uva e la si vende a Canelli; si raccolgono i tartufi e li si portano in Alba. C’è Nuto, il mio amico del Salto, che provvede di bigonci e torchi tutta la valle fino a Camo. Che cosa vuol dire? Un paese ci vuole, non fosse altro che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo. Da un anno che lo tengo d’occhio e quando posso ci scappo da Genova, mi sfugge di mano. Queste cose si capiscono con il tempo e l’esperienza. Possibile che a quarant’anni e con tutto il mondo che ho visto non sappia ancora che cos’è il mio paese?"
  

 

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