letterina 20110305

L'affondo 

Una scheggia della croce

La Quaresima è alle porte. Nella bisaccia che sta ritmando il nostro cammino pastorale mettiamo un altro segno: una scheggia della croce. La vedremo, la croce, albero innalzato, nella chiesa parrocchiale e guarderemo la scheggia della croce nella reliquia che abbiamo all’altare laterale. Questa preziosa testimonianza della passione del Signore, venne portata a Palazzago nel 1590, il 9 aprile, tramite il Signor Lorenzo Bianchi, che la ottenne da papa Sisto V. 
Intanto leggiamo alcuni passaggi di don Tonino Bello:
 
Poi nella bisaccia riporrei una scheggia della croce. Il che significa portarsi incorporata l’allegoria dell’apparente fallimento, ma anche l’allegoria della disponibilità a perdersi...
Quando tutte le religioni saranno capaci di dare la vita per l’ uomo- mi sembra un’ idea folgorante questa - allora scompariranno anche le loro contrapposizioni. Nel libro, per certi versi discutibile ma illuminante, di padre Balducci,  L’ uomo planetario, è riportato un episodio che ha la forza di un apologo: 
il 3 febbraio del ‘43 nelle acque della Groenlandia una nave ,colpita da un siluro tedesco, stava per affondare. Chi non aveva il salvagente era perduto. Nella lotta selvaggia della vita  - racconta un testimone-  quattro uomini rimasero calmi  e consapevoli .Erano cappellani militari: un rabbino ,un sacerdote cattolico e due pastori evangelici. Si erano legati l’uno all’altro per non cadere dalla coperta viscida e già fortemente inclinata. Tutti e quattro avevano avuto la loro cintura di salvataggio; l’ avevano avuta ma ciascuno, in quel momento di tenerezza e di sofferenza, aveva offerto la propria cintura di salvataggio ad un uomo dell’equipaggio. Allorché la nave si impennò,prima di calare a picco tra i flutti ,si videro i quattro cappellani per l’ultima volta: stavano ritti e immobili,tenendosi per mano , addossati contro il parapetto. Poi il mare si chiuse su di loro.
...Allora sì che le religioni mostrano di essere state partorite dall’ amore e non dal timore .  

   

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.

 

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letterina 20110226

L'affondo 

Libertà religiosa

La libertà religiosa è un diritto individuale, sociale, universale. Lo reclamiamo tra noi e per tutti i credenti. A che punto è la situazione nel mondo?
L'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani afferma: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti». A oltre sessant'anni di distanza, che ne è di questo diritto? Benedetto XVI lo ha richiamato in occasione della Giornata della pace 2011, parlando di libertà religiosa come di via alla pace. Eppure, la cronaca di questi ultimi anni - e delle recenti settimane - sembra dimostrare esattamente il contrario. Dall'Iraq arrivano in continuazione notizie di chiese incendiate, di cristiani perseguitati, uccisi, in fuga... Dal Pakistan, il caso di Asia Bibi, accusata di blasfemia e condannata a morte, riaccende i riflettori su un altro Paese, dove la libertà religiosa per le minoranze cristiane non solo non è garantita, ma viene spesso e volentieri calpestata. In Paesi come l'Algeria, è proibita ogni forma di proselitismo, ma ogni pretesto può venire usato per dare la caccia ai cristiani locali o per espellere gli stranieri. In Egitto è in atto una fuga paragonabile solo a quella dei Territori palestinesi... Per la libertà nostra e degli altri Secondo il Rapporto 2010 sulla libertà religiosa, dell'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre, oggi nel mondo, il 75 per cento di coloro che subiscono violazioni della libertà religiosa sono cristiani. Eppure non sono solo loro a non vedersi garantito questo diritto fondamentale, diritto individuale e universale.
Anche molte altre minoranze religiose, in molte regioni del pianeta e in diversi contesti, subiscono persecuzioni e soprusi. «Nel momento in cui denunciamo le violenze contro i cristiani  - avverte René Guitton - non dobbiamo dimenticarci di tutti gli altri. Dobbiamo lottare insieme contro tutte le forme di discriminazione e persecuzione. Come cristiani non possiamo limitarci a difendere la libertà religiosa solo di altri cristiani, chiudendoci in un comunitarismo che serve solo a scavare fossati tra le culture e le religioni e che rende meno credibili le nostre legittime proteste». 

Anna Pozzi 

 

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del Carnevale

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letterina 20110219

L'affondo 

Charitas sine modo

Carissimi,
sono stato colpito dalla scritta collocata sopra il crocifisso ligneo della vostra splendida chiesa: Charitas sine modo.  È un latino semplice, che vuol dire: amore senza limite. Anzi, per essere più fedeli alle parole, bisognerebbe tradurre così: amore senza moderazione. Smodato, sregolato.
Amore senza freni, senza misura, senza ritegno...
Volesse il cielo che, ogniqualvolta uscite dalla chiesa, non vi sentiste affidare da Gesù Cristo nessun’altra consegna che questa: Charitas sine modo. Amore senza misura. Disposto, cioè, a giocare in perdita per il bene del prossimo. Felice di pagare prezzi da capogiro pur di salvare una sola vita umana. Capace di raggiungere perfino il più indisponente nemico. Deciso a scavalcare le lusinghe della violenza, anche quando c’è da recuperare un sacrosanto diritto.
Ma mentre in chiesa dicevamo queste cose, nel mondo accadevano vicende terrificanti. Ve ne ricordate? Abbiamo vissuto... trepidando e pregando prima, perché il Signore allontanasse la tragedia della guerra dal genere umano; soffrendo e sperando dopo, nell’attesa che la logica della pace tornasse a prevalere sugli scenari di morte. Oggi mi è penoso rievocare la malinconia di quei giorni. Perché qualche colpa ce l’abbiamo pure noi. Siamo rimasti lacerati tra i richiami dell’«onnidebolezza» di Cristo e la seduzione dell’«onnipotenza» dell’uomo. Forse le ragioni della nonviolenza evangelica non ci sono parse così affidabili come le argomentazioni della forza delle armi. Abbiamo corretto il tiro di quella frase assurda: amore, sì, ma fino a un certo punto; che diamine! Dio, quanta tristezza!
L’esperienza di quei giorni, comunque, contribuisca a farvi giudicare ogni guerra, almeno per il futuro, come la contraddizione più aperta con quella scritta collocata sulla cornice del vostro Crocifisso: Charitas sine modo. 

Da una lettera del Vescovo Tonino Bello ad una Parrocchia di Molfetta 

 

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letterina 20110212

L'affondo 

Tre tristi sorelle

La vigliaccheria chiede: "È sicuro?".
L’opportunità chiede "È conveniente?".
La vanagloria chiede: "È vantaggioso?".
 
La vera misura di un uomo si vede non nei momenti di comodità o convenienza, ma tutte le volte in cui affronta il rischio o la sfida.
Vigliaccheria, Opportunità, Vanagloria:  sì, sono tre tristi sorelle che passeggiano per le strade della storia col loro corteo di adepti. Ce lo ricorda nelle righe sopra citate un personaggio che le ha sempre snobbate, Martin Luther King, imboccando invece le vie del coraggio, del rischio, della laboriosa umiltà. E a lui, assassinato a Memphis nel 1968 a 39 anni, s'adattavano pienamente le parole del Giulio Cesare di Shakespeare: "I vigliacchi muoiono molte volte prima di morire, mentre i coraggiosi provano il gusto della morte una sola volta". Egli non calcolava il vantaggio personale, l'interesse privato, come gli suggeriva l'Opportunità, né misurava tutto il suo impegno sul successo promesso dalla Vanagloria.
Purtroppo, però, dobbiamo riconoscere che lo stile di vita celebrato dalla società contemporanea è tutto racchiuso in quella trilogia. Ciò che è sicuro, che conviene ed è vantaggioso è l'unità di misura costante adottata a partire dai politici, scendendo giù fino al popolo.
Scegliere, invece la giustizia, l'amore, l’ impegno per gli altri è un rischio che si cerca di evitare. Ed è così che si diventa meschini, gretti, mediocri; si è incapaci di un atto libero e gratuito, al punto tale che, se qualcuno si rivela generoso, viene sospettato di inganno o bollato di ingenuità (forte ma vera è la frase di uno dei "cafoni" del Fontamara di Silone: "Se è gratis, c'è l'inganno!". La lezione evangelica del perdere per trovare è aborrita dalle tre sorelle, per esse il dare non è più gioioso del ricevere; ma alla fine, una vita senza rischio o sfida, senza generosità e libertà è simile a un noioso pomeriggio invernale trascorso in casa, lasciando gocciolare le ore...  

Mons. Gianfranco Ravasi 

 

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letterina 20110205

L'affondo 

"Educare alla pienezza della vita"

L’educazione è la sfida e il compito urgente a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo il ruolo proprio e la specifica vocazione. Auspichiamo e vogliamo impegnarci per educare alla pienezza della vita, sostenendo e facendo crescere, a partire dalle nuove generazioni, una cultura della vita che la accolga e la custodisca dal concepimento al suo termine naturale e che la favorisca sempre, anche quando è debole e bisognosa di aiuto.

Come osserva Papa Benedetto XVI, «alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita» Con preoccupante frequenza, la cronaca riferisce episodi di efferata violenza: creature a cui è impedito di nascere, esistenze brutalmente spezzate, anziani abbandonati, vittime di incidenti sulla strada e sul lavoro. Cogliamo in questo il segno di un’estenuazione della cultura della vita, l’unica capace di educare al rispetto e alla cura di essa in ogni stagione e particolarmente nelle sue espressioni più fragili. Il fattore più inquietante è l’assuefazione: tutto pare ormai normale e lascia intravedere un’umanità sorda al grido di chi non può difendersi. Smarrito il senso di Dio, l’uomo smarrisce se stesso: «l’oblio di Dio rende opaca la creatura stessa» (Gaudium et spes, n. 36).

Occorre perciò una svolta culturale, propiziata dai numerosi e confortanti segnali di speranza, germi di un’autentica civiltà dell’amore, presenti nella Chiesa e nella società italiana. Tanti uomini e donne di buona volontà, giovani, laici, sacerdoti e persone consacrate, sono fortemente impegnati a difendere e promuovere la vita. Grazie a loro anche quest’anno molte donne, seppur in condizioni disagiate, saranno messe in condizione di accogliere la vita che nasce, sconfiggendo la tentazione dell’aborto.

Vogliamo di cuore ringraziare le famiglie, le parrocchie, gli istituti religiosi, i consultori d’ispirazione cristiana e tutte le associazioni che giorno dopo giorno si adoperano per sostenere la vita nascente, tendendo la mano a chi è in difficoltà e da solo non riuscirebbe a fare fronte agli impegni che essa comporta.

DAL MESSAGGIO PER LA 33 GIORNATA NAZIONALE DELLA VITA DEL

CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 

 

 

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letterina 20110130

L'affondo 

I cristiani colpiti nelle chiese

Vorrei sottolineare un dato che emerge dalle più recenti stragi di cristiani, a Baghdad come ad Alessandria, come in tanti altri luoghi: le vittime vengono colpite mentre sono riunite in preghiera nelle assemblee domenicali, mentre celebrano il mistero cruciale della loro fede. Se da parte dei terroristi può essere solo un calcolo assassino per mietere un maggior numero di vittime, non dobbiamo trascurarne la valenza simbolica e la sua centralità nel discorso della libertà religiosa. Garantire a ogni cittadino la libertà di professare in privato e in pubblico la propria fede è ciò di cui ogni stato di diritto dovrebbe farsi carico, ma per i cristiani l’eucarestia domenicale è ben di più di un gesto "pubblico": è l’evento comunitario per eccellenza, è il luogo e il tempo che costituisce come tale una comunità cristiana. Non si tratta di avere uno spazio in cui potersi riunire o manifestare, un luogo e un giorno che potrebbero quindi variare di volta in volta per ragioni di sicurezza, ma di ritrovarsi nel "giorno del Signore" per celebrare la "cena del Signore", per riconoscersi comunità convocata dalla parola di Dio e chiamata a formare un corpo e un’anima sola. Per questo i cristiani, anche minacciati di morte, non rinunciano a ritrovarsi in chiesa come assemblea di credenti, come hanno ribadito i cristiani in Egitto e in Iraq in questi giorni. Non a caso già negli "Atti dei martiri" dei primi secoli troviamo testimonianze limpidissime in questo senso. Durante la persecuzione di Diocleziano (304 d. C.), al proconsole di Abitene - nell’odierna Tunisia - che lo accusava di aver ospitato nella sua casa assemblee domenicali cristiane contro l’editto dell’imperatore, il martire Emerito rispose: "non potevo proibire loro di entrare in casa, perché senza l’eucaristia domenicale non possiamo esistere".È su questa consapevolezza del profondo legame tra fede personale ed espressione comunitaria del culto che si radica il cristianesimo: non su identità culturali reali o immaginarie, non su astratte convergenze di idee, ma sul vissuto quotidiano nella comunità dei credenti, sulla trasparenza di una testimonianza di fratellanza e di amore universale. Questo non va dimenticato ...                                               

fr. Enzo Bianchi 

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