letterina 20111001

Sui passi di Francesco

 Francesco, il piccolo grande uomo, non catalogabile, inafferrabile come il suo Signore, è il solo che ha creduto e voluto vivere il Vangelo senza commenti.
La sua è una conversione in cui, il prodigio-dramma della parabola del figlio prodigo, si realizza in pochi istanti. Francesco è a cavallo… vede un lebbroso… si mescolano paura e voltastomaco… scappa… ma dopo pochi metri frena il suo cavallo… sente un brivido che non è più paura, ma calore e lucidità che lo porta a guardarsi indietro.
Rientra in se stesso e torna indietro.
Scende da cavallo e bacia il lebbroso. Sì, il lebbroso, con le sue piaghe, la sua forza di contagio, il suo odore insopportabile come lo sono tutte le povertà.
da quel giorno dirà: “Il Signore mi condusse da loro…”, dai lebbrosi, chiedendogli di andare oltre il recinto, dove scoprirà che proprio fuori dall’accampamento, dalla città, dal suo palazzo è il luogo dell’uomo.
Francesco fa la scelta dell’essenziale: rientra in sé e intraprende l’unica via che fa ritrovare il senso originario delle cose e che riconcilia con tutte le creature. La rinuncia.
Da allora pregherà così: “Donaci fede diritta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda”. Ed è questa umiltà profonda che gli fa vivere ciò in cui crede, lo porta a credere in ciò che spera e a sperare la realizzazione di ciò che ama. Vive fra sogno e realtà, desiderando. Un desiderio così forte che i suoi sogni divengono realtà.
Un giorno Francesco dirà una grave verità: “L’importante non è che noi siamo buoni o santi, ma l’importante è che Dio sia Dio”.
Francesco si è sempre sentito creatura e ha chiamato tutto creature, senza mai provare a sostituirsi a Dio. Ha quasi un bisogno fisico di toccare il divino e di sacralizzare l’umano. Per questo a Greccio, durante un Natale, sente la necessità di realizzare il presepe con personaggi vivi; allo stesso modo a La Verna, sente che non può fare a meno di provare fisicamente la stessa intensità del dolore di Gesù sulla Croce accogliendo le stigmate. Il suo percorso di vita assomiglia a quello del baco da seta. Il baco comincia a filare la seta e costruire la casa nella quale dovrà morire. Mangia le foglie di gelso, elabora il filo di seta, costruisce il bozzolo, tanta fatica e tanta cura per costruirsi quella casa dove dovrà  morire per diventare qualcos’altro: umiltà profonda.

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letterina 20110924

Presenze

L’occasione del battesimo di dieci bambini nella celebrazione eucaristica domenicale, ci fa aprire una semplice riflessione su questo sacramento.
 
La Comunità cristiana è la grande famiglia che si stringe intorno alla piccola famiglia dei battezzati, per fare festa con i  nuovi bimbi, dono del Padre per tutta l’umanità. Riconoscendo la mano di Dio in questa nascita, la comunità offre a sua volta un dono ai piccoli nati: il sacramento del battesimo.
Certo, sono la mamma e il papà a chiederlo. Esso è dono ma anche scelta che impegna per tutta la vita. Come ogni faccenda umana che comporta un “per sempre”, i genitori per primi percepiscono l’importanza del momento. Chiedendo il battesimo essi dicono in un certo modo di non farcela da soli nel crescere il bambino. Hanno bisogno di chiedere che il Signore stia dalla loro parte.
Accanto ai genitori ci sono i padrini e le madrine: la loro presenza li impegna, assumendo verso i bambini un doppio compito: quello di aiuto nell’educazione dei piccoli e quello di fare memoria di quanto è stato promesso nel giorno del battesimo.
Poi , il sacerdote: compiendo gesti antichi e pronunciando parole che svelano il mistero della vita,  si fa segno dell’accoglienza di tutta una comunità,  quella che, accogliendoli,  li ammette come nuovi fratellini e sorelline .
Tra qualche anno questi bambini sederanno alla mensa del Signore con i grandi e impareranno con loro a spezzare il pane in memoria di Gesù.
I fedeli presenti al Battesimo simboleggiano tutti gli uomini e le donne che professano la fede in Cristo. Celebrando il sacramento i cristiani consolidano l’esperienza della comunione dei fratelli nella fede: un solo corpo e un solo spirito in Cristo Gesù.
 
Proprio quel Gesù che “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Un orizzonte promettente.

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letterina 20110917

L'affondo 

Colletta per il Corno d'Africa

“Vietato restare indifferenti”. Con tre parole, papa Benedetto XVI ha espresso, nell’Angelus di fine luglio, la portata del dramma che sta attanagliando il Corno d’Africa, teatro della peggiore carestia degli ultimi 60 anni, e al contempo l’intensità dell’impegno che ogni istituzione, ogni cittadino e ogni fedele devono per far fronte alla tragedia.
La tremenda carestia, le cui prime avvisaglie si erano manifestate ad aprile e che si calcola abbia già causato numerosi morti, sta interessando diversi paesi: in primo luogo alcune regioni di Somalia, Kenya, Gibuti, Etiopia ed Eritrea, ma anche aree di Uganda, Tanzania e Sud Sudan. L’assenza di cibo e acqua e le malattie che ne conseguono colpiscono oltre 12 milioni di persone. E ai numeri, già di per sé impressionanti, vanno aggiunte le difficoltà a organizzare e consegnare efficacemente gli aiuti, in aree interessate da conflitti che da anni infiacchiscono le popolazioni.
Il problema, a questo proposito, appare particolarmente lacerante per la Somalia, dove le milizie islamiche degli Al Shaabab sottraggono ampie porzioni di territorio al controllo di un governo che stenta a organizzarsi e ad acquisire efficacia e credibilità, dopo due decenni di collasso del regime dittatoriale di Siad Barre. Così decine di migliaia di persone sono costrette alla fuga, anche oltre confine, verso Kenya ed Etiopia, per trovare soccorso: profughi del clima, della fame, dello scarno sviluppo, di una guerra insensata.
Caritas Italiana, in accordo con la rete internazionale Caritas e le Caritas nazionali dell’area, partecipa a un intenso sforzo di aiuto, che raggiunge tutti i paesi toccati dalla crisi climatica e alimentare e che si impernia sui molti progetti di sviluppo in corso da anni. Per contribuire a questo intenso sforzo di aiuto, oltre agli stanziamenti già predisposti dalla Caritas, la Conferenza episcopale italiana ha indetto per domenica 18 settembre una colletta nazionale,  da effettuarsi in tutte le parrocchie: un’occasione preziosa per esprimere solidarietà alle popolazioni colpite dalla siccità. Anche noi parteciperemo come parrocchia, devolvendo la questua delle messe di sabato e domenica per questa emergenza.  

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Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.

 

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letterina 20110910

L'affondo 

Perchè qui la festa?

La Festa di Comunità alla sua terza edizione, si sta dimostrando ciò che si sperava nelle intenzioni degli inizi: un tempo di coinvolgimento, incontro e   proposte, trasversali alle diverse generazioni, all’inizio del nuovo anno pastorale. Questo grazie anche ai molti volontari e collaboratori che ne assicurano la programmazione, l’allestimento e la conduzione in tutti gli ambiti.
Capita che qualcuno, pur apprezzando l’iniziativa e le modalità di proporla, domandi come mai non si fa nella struttura dell’Area Socio-Ricreativa,  risparmiando così anche un po’ di soldi per il noleggio della tensostruttura e lavoro nell’allestimento.
Le ragioni sono molto semplici e sono state affrontate già il primo anno in cui si ipotizzava questo appuntamento (non ci si creda del tutto sprovveduti).
Se dico a qualcuno che lo invito a casa mia per una festa, non vado  a noleggiare un altro appartamento, anche se più comodo o meglio organizzato. Lo invito lì dove vivo.
Ora, dov’è che la Comunità cristiana vive i suoi ritmi più importanti? All’Area feste? No, ma esattamente nello spazio che si raccoglie intorno alla chiesa parrocchiale, all’oratorio, al campo…Quando si parla di Parrocchia ci si riferisce all’ area feste? Non mi pare, ma al luogo occupato dalla festa di comunità.
Dove vedo bambini e ragazzi sudati e contenti nei tornei e nelle sfide? Dove si propongono incontri, iniziative, percorsi a diversi gruppi? Dove celebro il Mistero di Dio che incrocia i ritmi dell’uomo legati alla nascita, ai momenti di passaggio, al matrimonio e al transito? Proprio qui.
Uno spazio allora che si carica di tantissimi significati, oltre a creare un po’ di “vita” nel centro storico che si sta spegnendo e un senso di appartenenza.
Lo scorso anno, quando abbiamo cominciato a proporre in modo deciso le quattro serate con i genitori del CRE, una mamma mi diceva:”Non sembra neanche di essere a Palazzago”, proprio per la dimensione di famiglia e partecipazione che si respirava.
Certo, l’Area Feste interessa anche a quei cittadini che sono i cristiani di Palazzago che normalmente partecipano- nell’organizzare e nel fruire- alle diverse manifestazioni che lì si svolgono.
Come Parrocchia tra l’altro stiamo cercando di far diventare tradizione la cena nella festa della Madonna del Rosario, nella prima domenica di ottobre (che quest’ anno slitta alla seconda per la festa dell’antincendio). Quindi non c’è assolutamente avversione o incomunicabilità tra le due realtà. Ma la festa di Comunità non possiamo non farla là dove la Comunità ha il suo cuore, sapendo che questo comporta comunque maggior lavoro,  una quota per il noleggio della tensostruttura e lo slittamento degli impegni sportivi che lì si praticano.
Ma la posta in gioco è così importante che la festa di Comunità devo farla in…casa. 

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letterina 20110902

L'affondo 

Risposte

Il nostro mondo è potuto crescere ed evolversi per la capacità che ha l’uomo di interrogarsi e porsi delle questioni. E’ questa un’epoca dove si cercano e trovano soluzioni a tanti problemi e al contempo un’epoca che sembra aver dimenticato che nessuna risposta può mai esaurire la domanda. Che cos’è infatti il progresso se non dare risposte sempre parziali a quesiti sempre parziali? Gli ingegneri, i tecnici costruiscono così il loro impero di credibilità su un fraintendimento sostanziale; le loro risposte, che si chiamano ogni volta scoperte e invenzioni, in verità non soddisfano nessuna domanda: come cinquecento, come mille anni fa, come sempre, noi non siamo ancora in grado di interrogare l’essenziale. Questo sarebbe semmai il compito della sapienza; la scienza non basta, non c’entra oppure non ci arriva. Viviamo in un’epoca di oscuramento delle domande perché siamo troppo sbilanciati sulle soluzioni. La tecnica ha cancellato quest’altra dimensione di senso implicita in ogni nostro questionare e interrogare. L’ ha allontanata sullo sfondo e ha trasformato tutto in problema dicendo che le uniche risposte ammissibili sono le sue. Ma l’uomo, malgrado tante certezze e tanti miglioramenti esteriori, non sta meglio. E’ rimasto ancora più solo, si sente ancora più spiazzato. Se ne accorge quando scopre che lui o un suo familiare o un amico sono malati. Lo avverte come angoscia quando è costretto a pensare alla morte...L’uomo moderno, è più solo anche se ci sono le scienze. E’ più solo perché ha smesso di pensare alle domande, alle questioni, le uniche attorno alle quali può esserci comunione e solidarietà, le sole che non ammettono risposte ma soltanto percezione, seppure vaga, di  qualcosa che ci trascende, nel quale siamo come ospiti o come viandanti e al quale dovremmo adattarci come ospiti e come viandanti. Invece preferiamo mostrare sicurezza, la sicurezza un po’ arrogante delle nostre risposte che nasce sul fondo di una insicurezza sulla quale abbiamo smesso di riflettere, sulla quale non meditiamo più, che rifiutiamo come non nostra, come se non ci appartenessero la precarietà, la fragilità, la solitudine, la finitezza, il limite, la negazione, che invece sono gli elementi costituitivi della nostra sostanza. 
Lucio Coco in Piccolo lessico della modernità  

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letterina 20110827

L'affondo 

Signore da chi andremo?

Signore, da chi andremo? L’Eucaristia per la vita quotidiana. E’ questo il tema del XXV  Congresso Eucaristico Nazionale, che si tiene ad Ancona  dal 3 all’11 Settembre . 
I  significati del Congresso eucaristico sono molteplici. In primo luogo, si tratta di un atto di fede nell’Eucaristia e un evento di comunione per l’intera Chiesa italiana che in quei giorni vedrà convergere nel capoluogo marchigiano migliaia di fedele da tutte le diocesi. L’evento riveste un significato sociale e culturale perché l’Eucaristia, sacramento dell’amore di Dio per gli uomini, è pane del cammino storico dei credenti e fermento di novità in tutti gli aspetti del vivere umano.
E’ per questo che ad Ancona verrà sottolineato il dono dell’eucaristia per la vita quotidiana, attraverso la ripresa dei cinque ambiti dell’esistenza già al centro del Convegno ecclesiale di Verona, nel 2006: la vita affettiva, il lavoro e la festa, la fragilità umana, la tradizione e la cittadinanza.
Sfondo biblico dell’intero appuntamento sarà il capitolo 6 del vangelo di Giovanni, da cui è tratto il versetto posto nel titolo.  “Signore, da chi andremo?”  è la domanda che l’apostolo Pietro rivolge a Gesù a conclusione del discorso sulla Parola e il Pane di vita, Ed è anche la domanda che dopo duemila anni ritorna come questione centrale nella vita dei cristiani di oggi.
Ma, da dove derivano i Congressi Eucaristici? L’introduzione di questa forma di culto eucaristico in Italia si deve all’impulso dato direttamente dalla Sede apostolica. Dieci anni dopo il Congresso internazionale di Lille, l’opera dei Congressi Eucaristici mise infatti salde radici anche in Italia. E l’Italia è stata la prima nazione al mondo a celebrare un Congresso nazionale:
il primo, infatti, fu celebrato a Napoli, dal 19 al 22 novembre 1891. Dopo il Congresso tenutosi a Venezia, il quinto della serie per dare maggiore continuità e su richiesta del Congresso dei sacerdoti adoratori, venne istituito il Comitato permanente dei Congressi eucaristici nazionali, quale sotto-comitato di quello per i Congressi internazionali. Dopo il Congresso di Milano (1983) la CEI assunse il Comitato tra le normali espressioni della sua attività.
L’ultimo congresso (il XXIV) si è svolto a Bari dal 21 al 29 Maggio 2005, sul tema Senza la Domenica non possiamo vivere.
[…]
Il  logo del Congresso ha il cerchio come elemento base, figura geometrica perfetta, senza principio né fine, simbolo di Dio, con all’interno i simboli cristiani: il sole, simbolo di giustizia divina; l’alba, indice di purezza; i pesci, che indicano le anime degli uomini di Dio; il popolo in cammino; la terra, da cui fu plasmato l’uomo e che in essa vede una madre;  la chiesa, a simboleggiare la Rivelazione e l’Incarnazione.  

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