Sui passi di Francesco
Francesco, il piccolo grande uomo, non catalogabile, inafferrabile come il suo Signore, è il solo che ha creduto e voluto vivere il Vangelo senza commenti.
La sua è una conversione in cui, il prodigio-dramma della parabola del figlio prodigo, si realizza in pochi istanti. Francesco è a cavallo… vede un lebbroso… si mescolano paura e voltastomaco… scappa… ma dopo pochi metri frena il suo cavallo… sente un brivido che non è più paura, ma calore e lucidità che lo porta a guardarsi indietro. Rientra in se stesso e torna indietro. Scende da cavallo e bacia il lebbroso. Sì, il lebbroso, con le sue piaghe, la sua forza di contagio, il suo odore insopportabile come lo sono tutte le povertà. da quel giorno dirà: “Il Signore mi condusse da loro…”, dai lebbrosi, chiedendogli di andare oltre il recinto, dove scoprirà che proprio fuori dall’accampamento, dalla città, dal suo palazzo è il luogo dell’uomo. Francesco fa la scelta dell’essenziale: rientra in sé e intraprende l’unica via che fa ritrovare il senso originario delle cose e che riconcilia con tutte le creature. La rinuncia. Da allora pregherà così: “Donaci fede diritta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda”. Ed è questa umiltà profonda che gli fa vivere ciò in cui crede, lo porta a credere in ciò che spera e a sperare la realizzazione di ciò che ama. Vive fra sogno e realtà, desiderando. Un desiderio così forte che i suoi sogni divengono realtà. Un giorno Francesco dirà una grave verità: “L’importante non è che noi siamo buoni o santi, ma l’importante è che Dio sia Dio”. Francesco si è sempre sentito creatura e ha chiamato tutto creature, senza mai provare a sostituirsi a Dio. Ha quasi un bisogno fisico di toccare il divino e di sacralizzare l’umano. Per questo a Greccio, durante un Natale, sente la necessità di realizzare il presepe con personaggi vivi; allo stesso modo a La Verna, sente che non può fare a meno di provare fisicamente la stessa intensità del dolore di Gesù sulla Croce accogliendo le stigmate. Il suo percorso di vita assomiglia a quello del baco da seta. Il baco comincia a filare la seta e costruire la casa nella quale dovrà morire. Mangia le foglie di gelso, elabora il filo di seta, costruisce il bozzolo, tanta fatica e tanta cura per costruirsi quella casa dove dovrà morire per diventare qualcos’altro: umiltà profonda. |