letterina 20101031

L'affondo 

Desiderio di santità

 

In fatto di vita spirituale, di vita religiosa c’è molta esteriorità.
C’è molta voglia di sacro nella nostra città ma poco desiderio di santità.
Il sacro è una tintura che noi mettiamo all’esterno secondo i nostri gusti. Santità invece è vita interiore, è ascolto, è voglia di attingere alle falde freatiche profonde dove scorre l’acqua del silenzio, dei grandi valori della vita, della
contemplazione, dello stupore, dell’amore per le cose, del rispetto degli altri, dell’amore per Dio e della polarizzazione della propria vita attorno a Lui.
Questa è la santità.
Ora io vorrei invitarvi ad essere i promotori di questa santità più di quanto non lo sia il vescovo perché il vescovo, purtroppo anche il vescovo, è un uomo del sacro. (...)
Siate voi i promotori della santità... La santità laica, i valori del Vangelo che poi sono i valori che si sprigionano dalle viscere della terra.
La solidarietà! La solidarietà non intesa come vago sentimento adolescenziale, ma come farsi carico delle sofferenze degli altri, le sofferenze della città.
La trasparenza! La trasparenza nella vita perché non ci siano fratture tra l’audio e il video. C’è molto audio nelle nostre chiese.
Ma di video ce ne è poco; si sente bene, ma il video è a strisce; ci sono delle interferenze. L’accettazione dell’altro! La ricerca dell’altro! (...)
Che i vostri figli apprendano da voi quelle fierezze che fanno l’uomo grande, quelle fierezze umane; quelle indipendenze interiori, quei riconoscimenti di subalternità solo dinanzi a Dio. Servi di tutti ma schiavi di nessuno. Protesi in questo servizio straordinario dell’uomo.

TONINO BELLO in Senza misura, pp. 75-76 

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Francesco 3333673045.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


 

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letterina 20101021

L'affondo 

Comunione e Missione

"Vogliamo vedere Gesù" (Gv 12,21), è la richiesta che, nel Vangelo di Giovanni, alcuni Greci, giunti a Gerusalemme per il pellegrinaggio pasquale, presentano all’apostolo Filippo. Essa risuona anche nel nostro cuore in questo mese di ottobre, che ci ricorda come l’impegno e il compito dell’annuncio evangelico spetti all’intera Chiesa, "missionaria per sua natura" (Ad gentes, 2), e ci invita a farci promotori della novità di vita, fatta di relazioni autentiche, in comunità fondate sul Vangelo. In una società multietnica che sempre più sperimenta forme di solitudine e di indifferenza preoccupanti, i cristiani devono imparare ad offrire segni di speranza e a divenire fratelli universali, coltivando i grandi ideali che trasformano la storia e, senza false illusioni o inutili paure, impegnarsi a rendere il pianeta la casa di tutti i popoli.
Come i pellegrini greci di duemila anni fa, anche gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti non solo di "parlare" di Gesù, ma di "far vedere" Gesù, far risplendere il Volto del Redentore in ogni angolo della terra davanti alle generazioni del nuovo millennio e specialmente davanti ai giovani di ogni continente, destinatari privilegiati e soggetti dell’annuncio evangelico. Essi devono percepire che i cristiani portano la parola di Cristo perché Lui è la Verità, perché hanno trovato in Lui il senso, la verità per la loro vita.
Queste considerazioni rimandano al mandato missionario che hanno ricevuto tutti i battezzati e l’intera Chiesa, ma che non può realizzarsi in maniera credibile senza una profonda conversione personale, comunitaria e pastorale. Infatti, la consapevolezza della chiamata ad annunciare il Vangelo stimola non solo ogni singolo fedele, ma tutte le Comunità diocesane e parrocchiali ad un rinnovamento integrale e ad aprirsi sempre più alla cooperazione missionaria tra le Chiese, per promuovere l’annuncio del Vangelo nel cuore di ogni persona, di ogni popolo, cultura, razza, nazionalità, ad ogni latitudine...
La Chiesa diventa "comunione" a partire dall’Eucaristia, in cui Cristo, presente nel pane e nel vino, con il suo sacrificio di amore edifica la Chiesa come suo corpo, unendoci al Dio uno e trino e fra di noi (cfr 1Cor 10,16ss)...


Dal Messaggio del Papa per la 84 Giornata Missionaria Mondiale


PRIMA TAPPA ANNO PASTORALE 2010-2011:
Un placido lago. Con impercettibile dolcezza, ma instancabile tenacia, l’acqua accarezza le pietre che la abitano. E loro si lasciano plasmare.
E’ solo nel tempo che la loro asprezza viene addolcita. Ogni spigolo è smussato, ogni protuberanza levigata. Disponibilità e duttilità  sono anche per noi all’inizio di questo cammino. Aperti ad una Grazia che non aspetta altro che di essere accolta.

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Francesco 3333673045.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


 

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letterina 20101017

L'affondo 

Il ciottolo del lago

Nella bisaccia vuota, simbolo di una nudità che non viene per nulla compromessa se al suo interno ci collochiamo alcune cose, metterei un ciottolo del lago. Il lago per gli apostoli evocava lo scenario della ferialità operosa, era il nido delle loro gioie e delle loro speranze, delle loro tristezze e delle loro angosce. Sul lago e grazie alle sue risorse campavano, sulla sua riva scintillavano pesci di ogni genere tra guizzare di scaglie, sul suo greto tiravano in secca le barche e stendevano al sole le reti e le nasse. Un giorno, per la maggior parte di loro - perché non tutti gli apostoli erano pescatori  -, sulla battigia del lago avvennero gli incontri decisivi con Lui, sperimentando la compassione (nel senso etimologico del termine) di Gesù di Nazaret con la loro cronaca quotidiana: tristezze e angosce, come quando la notte tramortirono di paura durante una tempesta che Lui stesso sedò; gioie e speranze, come quando furono testimoni della pesca miracolosa con tutte le sue allusioni planetarie (ricordate? Attirarono a riva 153 grossi pesci: la tavola dei popoli che conoscevano gli ebrei era formata da 17 nazioni, 17 popoli. Se voi contate i rappresentanti delle popolazioni descritte nel giorno di Pentecoste noterete che sono 17. Se sommate 1 +2+3+4+ ... + 15+ 16+ 17, il numero finale è 153, numero che sta ad indicare questa totalità, questa planetarietà). Portarsi un ciottolo del lago nella bisaccia significa voler esprimere lo stesso stile di Gesù di Nazaret, che ha condiviso con gli uomini il pane, la strada, la tenda.

Tonino Bello


PRIMA TAPPA ANNO PASTORALE 2010-2011:
Un placido lago. Con impercettibile dolcezza, ma instancabile tenacia, l’acqua accarezza le pietre che la abitano. E loro si lasciano plasmare.
E’ solo nel tempo che la loro asprezza viene addolcita. Ogni spigolo è smussato, ogni protuberanza levigata. Disponibilità e duttilità  sono anche per noi all’inizio di questo cammino. Aperti ad una Grazia che non aspetta altro che di essere accolta.

 

Numeri telefonici dei sacerdoti dell’Unità Pastorale:

Don Lorenzo (Gromlongo) 035 540059 ; 3394581382.

Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Francesco 3333673045.
Don Giuseppe (Palazzago) 035 550336 ; 3471133405.


 

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letterina 20101010

L'affondo 

Il dono del figlio

Leggo del rapimento di un bimbo appena nato e del suo ritrovamento. Ogni giorno veniamo a conoscenza di ruberie di ogni genere. Ma cosa significa un figlio rubato? Cosa attraversa il cuore della sua mamma e del suo papà?
Ero ancora bambino, quando su una spiaggia è scomparso mio fratello, il più piccolo. Non dimenticherò il volto di mia madre nei pochi minuti che è durata la sua assenza: si era semplicemente perduto. Quante volte ho incrociato lo sguardo di uomini e donne che il figlio l’hanno perduto per sempre, rapito dalla morte. Dolore, angoscia... incalcolabili. Perché? Chi è un figlio per suo padre e sua madre? Come posso rispondere a questa domanda, io, che di figli non ne ho? Ricordo ancora un’anziana signora, con abiti dimessi, entrata per riposarsi nella grande casa di cui ero responsabile. Mi sono seduto accanto a lei e mi ha raccontato di suo figlio in carcere: doveva scontare trent’anni e lei si spostava di città in città per stargli vicino. "È sempre mio figlio", mi disse.

Nasciamo tutti figli; e poi? Diventiamo grandi, adulti: e non è facile. Sembra
che questo avvenga nella misura in cui ci emancipiamo dalla condizione di figlio, come se fosse solo una dipendenza. Ma è proprio così? Cosa significa essere figli? Sono domande che si succedono, in un tempo in cui non possiamo dare per scontate neppure le cose più antiche.
È in un orizzonte di interrogativi che consegniamo questo programma pastorale, ancora una volta dedicato alla famiglia. Alla famiglia giovane che si dispone e vive la nascita del primo figlio e poi di altri: e pure questo non è scontato. Alla comunità cristiana, chiamata a crescere nella fede a partire da questa esperienza. Siamo consapevoli di vivere in un tempo di contrazione demografica consistente e persistente nei paesi occidentali: alcuni la paragonano ad un autentico inverno, senza sapere se vi sarà una primavera. Nel frattempo nascono e crescono i figli delle persone che provengono da paesi lontani e diversi dal nostro: si tratta di una realtà nuova che guardiamo con speranza, nella prospettiva di un mondo in cui diverse provenienze e culture si incontrano in maniera sempre più ravvicinata e interdipendente, senza sottovalutare i problemi che questo comporta. 

Vescovo Francesco Beschi.
Programma pastorale 2010-2011

 

 

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Don Umberto (Barzana) 035 540012; 3397955650.
Don Paolo (Burligo) 035 550081.
Don Francesco 3333673045.
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letterina 20101003

L'affondo 

Per le strade del mondo

E’ questo l’ultimo intervento del Vescovo Tonino Bello nella città di Assisi, nell’agosto del 1992. Sembra quasi un testamento spirituale che lascia vibrare le note finali di una vita amata 'senza misura'. Riportiamo qui l’introduzione; poi, lungo l’anno pastorale, a seconda delle tappe che vivremo, lo leggeremo tutto, consegnando anche, per la BISACCIA DEL CERCATORE, i simboli che vengono evocati.


I simboli sono un po' come i fiaschi o le damigiane: per un verso rivelano la verità attraverso il vetro, per un altro verso la nascondono mediante la paglia.
Pertanto io avrò buon motivo per difendermi da tutti coloro che potrebbero accusarmi di aver tralasciato tante cose: potrò dire che stavano tutte nella parte della damigiana coperta dal vimini o dalla paglia. Se io fossi un contemporaneo di Gesù, se fossi uno degli undici ai quali Gesù, nel giorno dell'ascensione, ha detto "lo Spirito Santo verrà su di voi e riceverete da lui la forza per essermi testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, la Samaria e fino all'estremità della terra" (At 1,8), dopo essere andato a salutare la madre, Maria, nell'atto di congedarmi dai fratelli, sapete cosa avrei preso con me? Innanzitutto il bastone del pellegrino e poi la bisaccia del cercatore e nella bisaccia metterei queste cinque cose: un ciottolo del lago; un ciuffo d'erba del monte; un frustolo di pane, magari di quello avanzato nelle dodici sporte nel giorno del miracolo; una scheggia della croce; un calcinaccio del sepolcro vuoto. E me ne andrei così per le strade del mondo, col carico di questi simboli intesi, non tanto come souvenir della mia esperienza con Cristo, quanto come segnalatori di un rapporto nuovo da instaurare con tutti gli abitanti, non solo della Giudea e della Samaria, non solo dell'Europa, ma di tutto il mondo: fino agli estremi confini della terra. Ecco, io prenderei queste cose. Ma anche il credente che voglia obbedire al comando missionario di Gesù  - perché incombe ancora sulla responsabilità di ciascuno questo impegno missionario dell'annuncio  - dovrebbe prendere con sé queste stesse cose. 


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Don Paolo (Burligo) 035 550081.
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letterina 20100926

L'affondo 

La Salette (1846)

 

 Il messaggio di La Salette è stato affidato a due pastorelli in un momento di grande sofferenza delle popolazioni colpite dalla carestia e sottoposto a molte ingiustizie. Inoltre, l'indifferenza o l’ostilità nei confronti del messaggio evangelico erano in aumento. La Madonna, facendosi contemplare l'immagine del suo Figlio crocifisso sul petto, mostra che, associata all'opera della salvezza, Ella ha compassione delle difficoltà dei suoi figli e soffre nel vederli allontanarsi dalla Chiesa di Cristo a tal punto di dimenticare o di rifiutare la presenza di Dio nella loro vita e la santità del suo Nome.  
L'irradiamento dell’evento de La Salette, attesta che il messaggio di Maria non si esaurisce nella sofferenza espressa dalle lacrime; la Vergine chiede di riprendere il cammino della fede; invita alla penitenza, alla perseveranza nella preghiera e in particolare alla fedeltà alla pratica domenicale.
Ella chiede che il suo messaggio " sia fatto conoscere a tutto il suo popolo "con la testimonianza di due ragazzi. E, infatti la loro voce si farà rapidamente sentire. Verranno i pellegrini e ci saranno molte conversioni. Maria era apparsa nella luce che evoca lo splendore di umanità trasfigurata dalla risurrezione di Cristo: La Salette è un messaggio di speranza, perché la nostra speranza è sostenuta dall'intercessione di Colei che è la Madre degli uomini. Le infedeltà,anche se gravi, non sono irrimediabili. La notte del peccato scompare davanti alla luce della divina misericordia. La sofferenza umana accettata può contribuire alla purificazione e alla salvezza. Per chi cammina umilmente nella vie del Signore, il braccio del Figlio di Maria non pesarà a condannare, ma si aprirà alla mano protesa dei peccatori riconciliati dalla grazia della croce per farli entrare nella vita nuova..  
Le parole di Maria a La Salette, per la loro semplicità e rigore, sono di una reale attualità, in un mondo che subisce sempre i flagelli della guerra e della fame, e tante sventure, che sono segni e sovente anche conseguenze del peccato degli uomini. Anche oggi, Colei che "tutte le generazioni chiameranno beata" (Lc 1,48) vuole portare "tutto il suo popolo", attraverso le prove di questo tempo, alla gioia che deriva dal compimento della missione affidata da Dio all'uomo.

Giovanni Paolo II


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