letterina 20130323

Una vita e una morte "fuori"

E’ morto fuori.
L’hanno ucciso fuori. Fuori dalla città. E l’hanno deposto in fretta dalla croce.
Era vicina la festa, la più grande delle feste e non sarebbe stato un buon spetta-colo vedere un uomo impalato alla croce. Una morte fuori e una sepoltura di nascosto, nella fretta. E che la città non venisse sporcata dalla visione, dall’ete-rodossia dell’uomo di Galilea. La notte, la notte e il suo silenzio avrebbero in-ghiottito tutto. Una grotta, una pietra, la notte. Notte del Venerdì Santo.
Ora che ritorna fra noi la memoria di quella morte “fuori”, mi viene spontaneo ricordare che anche la sua nascita avvenne fuori. “Fuori”, un destino che avreb-be segnato la sua vita, fin dall’ ”in principio”. Fin da quando ancora era chiuso nell’ombra del grembo. Strana assonanza tra la nascita di Gesù e la sua morte.
Anche nel suo venire alla luce, “fuori”. Fuori dal suo paese, fuori dalla città del-le origini, fuori dall’alloggio dei pellegrini: non c’era posto.
Una nascita trafugata come la sua morte. E ancora una grotta. E ancora il buio della notte. Rigato, ma per poco, da una luce e da un coro di angeli.  
Fuori. Lo cacciarono fuori dalla sinagoga. Eppure era il suo paese. Lo cacciaro-no fuori dal territorio: portava male, liberava l’ossesso ma a prezzo di migliaia di porci finiti nel lago. Lo cacciarono fuori dal tempio: presero le pietre per cac-ciarlo. Era troppo diverso: aveva la pretesa di inaugurare non mostre, non chie-se, non campi sportivi, ma di inaugurare un inizio di regno di Dio sulla terra, un inizio del sogno di Dio. E che ci potesse essere una speranza per tutti, anche per i peccatori e i disperati, per i poveri e per i gravati. E lo giudicarono “fuori”, fuori di testa, anche quelli di casa, proprio i suoi, è scritto: “Uscirono per andare a prenderlo poiché dicevano: è fuori di sé” (Mc 4,21)...Così per tutta la vita.
Fuori dal comune modo di sentire. Fuori testa anche per i suoi amici. E Pietro non glielo mandò a dire, lo tirò in disparte per dirgliene quattro il giorno in cui si azzardò a fare le previsioni, non del futuro del tempo, ma del suo futuro di Croce...E oggi, nel tempo che odora di Pasqua, sento come una paura al cuore: che si senta straniero, “fuori”, anche accanto a me.

don Angelo Casati

 

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Confessioni Adolescenti

 
   

letterina 20130316

Eppure...

La stessa sera in cui la tipografia ci dava la Lettera stampata che in questi giorni viene distribuita  nelle nostre famiglie, gli occhi di tantissime persone erano fisse sul comignolo della Cappella Sistina, per la fumata bianca. Un gruppo della nostra Comunità era a Mozzo, per l’incontro del Vescovo Francesco con i cate
chisti del Vicariato e proprio lì abbiamo vissuto insieme l’attesa e la gioia dell’elezione del nuovo Papa. Sul Bollettino ci sono alcune pagine dedicate a Benedetto XVI, introdotte  dall’ editoriale: “Dove posare il capo”. E dal capo ripartiamo anche con Papa Francesco, quel capo chino a ricevere la benedizione di tutto un popolo per il Vescovo di Roma.
Ma non è tutto.
Abbiamo ancora in mente e nel cuore le immagini di Giovanni Paolo II, soprattutto negli ultimi tempi, malato, anziano, provato, muto.
Veniamo da un Papa che non ha paura di riconoscere pubblicamente il venir meno di un vigore del corpo e dell’animo e, per questo, di aver deciso, con la sua coscienza e davanti a Dio, di rinunciare al ministero affidatogli.
Gli occhi di tutti, nell’era di internet, si focalizzano su un camino con del fumo che arriva da una stufa, come quella delle case di tante case.
Un gabbiano per due volte si posa su di esso e picchetta il tettuccio.
L’Habemus Papam è fatto dal Protodiacono Tauran, un Cardinale con il morbo di Parkinson che fa accelerare le parole e irrigidire i movimenti (e lo si è visto e
sentito bene).  
Il nuovo papa ha un polmone solo, ha già 76 anni e prende il nome del poverello di Assisi.
Realtà semplici, addirittura dimesse, povere, fragili. Eppure…
In questo “eppure” c’è tutta la forza dei segni che attirano i cuori e che rivelano come la Chiesa non sia forte in se stessa, ma in Colui che le dà vita.  
E quel capo chinato per essere benedetto, ci riserverà molte sorprese.

 

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Festa del Papà

Incontri Quaresima

Confessioni Adolescenti

Triduo Addolorata

letterina 20130309

Accettare

Tornare da Laggiù è una cosa.  
Accettare di esserci stato e di esserne tornato è un’altra.
Dopo aver esaurito la mia sofferenza e aver tirato via un bel po’ di croste dalle cicatrici della mia anima, dopo aver rabbiosamente acconsentito ad amare – malgrado tutto – la mia memoria, dopo aver accettato il mio posto nella Tenuta – un posto che sia mio, non quello dell’ultimo degli operai -, tutto si è messo a parlare  di  mio  Padre:  la  prima  fioritura  dei  mandorli  in  primavera,  il  bicchiere d’acqua fresca, il gusto della verdura nel piatto fumante, e persino quella strada troppo nuova che mio fratello aveva tracciato attraverso i boschetti, per facilita-re la sua gestione della Tenuta. Anche quello che mio fratello faceva contro l’i-potetica volontà di mio Padre mi parlava ancora – chiaro e forte – di quest’ulti-mo.  Mio    Padre  aveva  allentato  la  presa,  il  che  mi  appariva  ancor  più chiara-mente come uno dei segni più certi del suo amore per noi. Anche se non lascia-va praticamente più  la sua stanza, parlava  in trasparenza  mediante il colore del cielo, il gusto delle susine, il rumore del vento sul tetto della mia capanna, l’oro della polvere che danzava nella stanza quando un raggio di luce vi s’invitava…
Il giorno in cui mi sono reso conto di questo, ho capito meglio la radicale soffe-renza dei giorni  vissuti Laggiù. In pratica, ero assente a  me stesso. Anche  se  il vino  aveva  un  gusto  e  la  pelle  degli  altri  un  calore,  non  mi  pareva <<parlavano>>, non mi <<dicevano>> niente, là, nel profondo, in quel postici-no segreto dove si cerca di essere se stessi…
E dire che ero partito per essere  me stesso. Lontano da quel Padre che credevo troppo  presente.  Lontano  da  quel  Padre  la  cui  presenza  mi  impediva  di  essere.
Che  ingenuo  che  ero! Non  siamo  noi  stessi,  se  non  quando  lasciamo maturare in noi tutto ciò che parla di Colui che ci ha fatti.
Tutto il resto non è che insostenibile solitudine. 

Guy Luisier: Diario del Figlio prodigo. Vent’anni dopo

 

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Festa del Papà

Incontri Quaresima

Confessioni Adolescenti

Triduo Addolorata

letterina 20130302

Canto di speranza

Il Vangelo risuona di un canto continuo, canto del seme, del lievito, di alberi che mettono gemme. Tipica di Gesù è questa teologia degli inizi, la più vera teologia della speranza. Dio immette perennemente in noi e nel cosmo le sue energie in forme seminali, germinali. Il compito nostro, sacro e umano, è far fiorire i semi di Dio. Il granello di senapa non salverà il mondo, noi non salveremo il mondo. Ma il piccolo seme diventerà un albero grande, e verranno gli uccelli e faranno il nido tra i suoi rami (cfr. Mt 13,32). Con questa metafora Gesù ci dice: tu vivrai e farai vivere. Vivrai e darai vita.

La teologia evangelica del seme è la teologia dei mezzi poveri, degli stracci con cui possiamo e dobbiamo confezionare l’abito da festa. Ogni vita nasce povera, piccola, indifesa eppure fortissima. E si trasmette per piccolissimi semi. Ma i mezzi poveri sono l’atto di fede nella forza segreta delle cose buone, nella forza inflessibile del buon seme di Dio.

Noi siamo chiamati a compiere il gesto di Dio, il gesto del seminatore.
Invece di denunciare sempre la tristezza dei tempi o la caduta dei valori, dovremmo coltivare una fiducia nuova nella forza contenuta nei poveri e piccoli semi del Regno, nelle gemme di bontà e di giustizia che spuntano e sono vincenti. Anche se talvolta appare gravida di morte, la storia in realtà è incinta di Dio, di risurrezione. Dio è ancora all’opera in seno alla terra, in alto silenzio e con piccole cose.

Se accostiamo l’orecchio al cuore della vita, al pulsare del cosmo, sentiamo, come nella notte della risurrezione, un rotolio profondo di pietre smosse, come il rotolare della pietra dal sepolcro di Cristo. Sentiamo milioni di semi che premono alle frontiere della vita, smuovono, attraversano, aprono zolle che parevano impenetrabili.

  Cfr Ermes Ronchi, Al mercato della speranza

 

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Festa del Papà

Incontri Quaresima

letterina 20130223

... ascoltatelo ...

La  storia  della  salvezza  incomincia  così:  Abramo  ascolta.  Ascolta ”vattene,  vattene”(Gn12,1)  la  fede  incomincia  con  qualcuno  che  parte.
Lascia la fede dei genitori, quella della messa alla domenica con il vestito della  festa, gli spiccioli  in tasca per  fare  l’elemosina, gli amici  che piacciono  a  mamma  e  papà,  le  parolacce  che  non  si  dicono  e  il  buon  nome della famiglia sopra ogni cosa. ”Vattene dalla tua patria, dalla casa di tuo padre “, da tutti quei diritti che sono tuoi perché ti spettano perché è casa tua  quindi  sei  re.  Ascolta  :  vattene  dalle  tue  pretese.  In  fondo,  se  anche poi avrai ragione, che ci avrai guadagnato? Ascolta per non perdere l’altro.  E  per  non  perdere  Dio.  Chi  ascolta  attraversa  il  dolore.  Piange,  ma non ne resta schiacciato, perché chi per una volta almeno ha ascoltato la Voce sa trasformare le situazioni difficili della vita in occasioni per amare.  Per  amare  di  più  e  fino  alla  fine,  anche  quando  il  cuore  è  tradito,  le aspettative deluse,  il corpo provato, il  buon nome  infangato. La parola è come un’ancora. È come una zattera. Quando l’hai  cercata e meditata di notte,  quando  ti  è  stata  annunciata  nelle  difficoltà,  quando  hai  accettato che  solo  la  Parola,  e  la  Parola  della  Pasqua,  potesse  entrare  in  casa  tua nei giorni del lutto e del pianto fugando le parole leggere della gente venuta per consolarti, allora hai ascoltato...
La  via  della  fecondità  passa  attraverso  l’ascolto.  Non  chiederti  perché nella tua vita non ci sono frutti. Piuttosto: perché non ascolti?  
E  attento,  non  ti  confondere.  I  frutti  non  sono  ”risultati”.  I  risultati  sono traguardi che raggiungi con le tue forze, molti complimenti … e poi finisce lì. E ti abbagliano. Il frutto è qualcosa che in sé porta la vita, produce altra vita. Possiamo essere uomini e donne dai grandi risultati rischiando però di non contagiare di vita nessuno.
Giochiamo tutta la nostra libertà scegliendo a quale parola obbedire, quale  voce  ascoltare.  Non  hai  il  potere  di  far  tacere  ”le  voci”  ma  puoi  scegliere a chi dare retta. E tu? A quale parola obbedisci?

Suor Katia

 

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Festa del Papà

Incontri Quaresima

Quaresima 2013



 


 

 

     

                                    Le opere che accompagnano il nostro itinerario sono del sacerdote e artista Tarantini don Carlo e sono collocate nella chiesa parrocchiale. Sono disponibili anche alcuni libri con i testi della Lectio Divina , della Via Crucis e di una mostra di don Carlo.