Fu, secondo quanto documentato dai tardivi atti del suo martirio (risalenti al VIII secolo), il vessillifero della leggendaria legione Tebea, composta da soldati egiziani della Tebaide e comandata dal generale romano Maurizio anch'egli venerato dalla Chiesa cattolica con il nome di san Maurizio. Secondo la tradizione, la centuria di cui Alessandro era comandante fu spostata intorno all'anno 301 dalla Mesopotamia alle regioni occidentali, prima a Colonia, poi a Brindisi, sino a giungere in Africa. Durante il lungo viaggio dei legionari, diverse persecuzioni contro i cristiani furono ordinate dall'imperatore Massimiano, ma i soldati si rifiutarono di eseguire gli ordini pagando con la decimazione, avvenuta ad Agaunum, nell'odierna Saint Maurice-en-Valais che si trova nel cantone Vallese, in Svizzera. Tra gli scampati al massacro, Alessandro riparò con alcuni suoi compagni in Italia, ma fu imprigionato a Milano e qui si rifiutò di abiurare alla fede cristiana come ordinatogli dall'imperatore Massimiano. Fuggito dalla prigione, grazie all'aiuto di Fedele di Como e del vescovo Materno, sulla strada verso Como, secondo la leggenda compì il miracolo di risuscitare un defunto. Dopo essere stato riconosciuto, catturato e riportato davanti a Massimiano, Alessandro abbatté l'ara preparata per il sacrificio agli dei romani, facendo infuriare l'imperatore, che lo condannò a morte per decapitazione; la leggenda vuole che il carnefice non osasse colpirlo poiché Alessandro gli appariva "come un monte" e, per lo spavento, gli si sarebbero irrigidite le braccia: la stessa sorte sarebbe toccata ad altri soldati chiamati ad eseguire la condanna; pertanto fu rimesso in carcere, a morire di stenti, ma riuscì nuovamente a fuggire. Alessandro passò miracolosamente l'Adda all'asciutto e si nascose in un bosco vicino a Bergamo, presso il Ponte della Morla, da un patrizio locale, Crotacio. A Bergamo Alessandro iniziò un'opera di conversione alla fede cristiana degli abitanti della città, tra cui i futuri martiri Fermo e Rustico, parenti di Crotacio. Fu presto scoperto da alcuni soldati romani che lo condussero in catene a Bergamo, dove fu condannato alla decapitazione, che questa volta fu eseguita senza inconvenienti il 26 agosto 303 nel luogo dove ancora sorge la Chiesa di Sant'Alessandro in Colonna. Grazie alla nobildonna Santa Grata, il corpo del Martire fu trafugato e trasportato nel podere della famiglia di lei, dove fu inumato. La Santa, alcuni giorni dopo l'esecuzione, avrebbe trovato le spoglie di Sant'Alessandro, la cui presenza era segnalata da gigli, cresciuti in corrispondenza di alcune gocce del sangue del Martire, le avrebbe raccolte e fatte seppellire in un orto della sua famiglia, fuori della città, là dove sarebbe sorta la grande basilica di Sant'Alessandro, poi abbattuta durante la costruzione delle mura venete di Bergamo.
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